Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Nove Oscar dopo un'autosospensione di sei anni dal cinema, un grande progetto abortito ( "Red harvest",noir con Jack Nicholson) e appena dopo il nuovo permesso di proiezione di "Ultimo tango a Parigi" sugli schermi: certo che per Bernardo Bertolucci l'exploit de "L'ultimo imperatore" fu un trionfo vero e proprio, e in molti saltarono sul carro del vincitore titolando che l'Italia era riuscita in un'impresa epica. Vero, ma, a parte che si tratta di una coproduzione italobritannica, troppo comodo per molti inneggiare al Maestro Risorto dopo che per anni Bertolucci è stato osteggiato per un film straordinario accusato di cose assurde: polemiche a parte, come spesso succede, l'Oscar per l'autore de "Il conformista" non è arrivato per il suo titolo migliore. Allestito come un'opera di altissimo artigianato, il kolossal ambientato in Cina è un affresco storico notevole, che come altre opere del regista colloca un intersecarsi di vicende di esseri umani coinvolti in trame monumentali della realtà e della Storia. Il racconto dell'imperatore Pu Yi, vittima delle regole del Potere fin da infante, ricco di una nomina fatta di nulla, strumentalizzato o dileggiato, a seconda delle classi dirigenti vigenti è ottimamente reso, e "L'ultimo imperatore" potrebbe essere il più costoso film di sentimento anarchico mai realizzato,in questo senso: però è vero che tutta la pellicola è permeata di una freddezza anomala, pur narrando una vicenda umana tragica, di un ragazzo poi uomo i cui sentimenti vengono tarpati ogni volta che iniziano a mostrarsi da chi lo controlla per giochi di casta e regime. Oggi messo un pò colpevolmente tra i grandi eventi del passato su cui ammassare la polvere della passata gloria, resta un lavoro le cui maestranze ( musiche, costumi, scenografie, montaggio e tutto quel che è tecnico) sono tra le cose più mirabili viste nel nostro cinema.
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