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Il passo del diavolo

Regia di Anthony Mann vedi scheda film

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La recensione su Il passo del diavolo

di munnyedwards
8 stelle

 

Dopo aver combattuto nella guerra di Secessione l’indiano Lancia Spezzata (Robert Taylor) fa ritorno alle sue terre d’origine, il suo dovrebbe essere un rientro da eroe, insignito addirittura della medaglia d’onore del Congresso, ma la città non lo accoglie con l’entusiasmo dovuto, a parte due vecchi amici la gente lo guarda con il disprezzo riservato agli animali.

L’indiano non comprende questo atteggiamento, per lui che ha rischiato la pelle per (e con) l’uomo bianco è come ritrovarsi di colpo in un mondo sconosciuto, passare da una realtà ad un altra, da una menzogna ben confezionata ad una squallida verità, la saggezza di suo padre ormai prossimo alla morte lo mette in guardia, nulla è cambiato e il futuro è oscurato da un odio che non ha confini.

 

 

locandina

Il passo del diavolo (1950): locandina

 

- I bianchi sono tanti padre ma la guerra è finita, anche quella contro di noi, c’è un altra mentalità, non mi hanno esaminato il sangue per promuovermi, comandavo una squadra di bianchi, dormivo con loro, dividevo i loro pasti, li assistevo quando morivano...perché dovrebbe esser diverso ora?

 

- Sei a casa ora, sei di nuovo un indiano.

 

Lancia Spezzata è un anomalia in un sistema che sta definendo le sue regole, un sistema che non prevede un indiano libero che possiede delle terre, un "selvaggio" benestante che alleva e vende il suo bestiame, tutto questo non può essere accettato e perfidi untori come l’avvocato Coolan (Louis Calhern) si danno da fare per aizzare la gente del paese, la legge del resto è scritta dai bianchi per i bianchi e stabilisce che nessun indiano può vantare diritti sulla terra, per i “pellerossa” ci sono le riserve, anche per gli eroi di guerra.

In aiuto di Lancia Spezzata arriva la giovane avvocatessa Masters (Paula Raymond), la donna cerca di trovare impossibili spiragli legali, si batte per ottenere compromessi ed evitare inutili spargimenti di sangue ma la sua sfida al “progresso che avanza” non è delle più facili.

 

p01

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Il passo del diavolo (Devil's Doorway) esce nel 1950 e inseme a L’amante indiana firmato Delmer Daves può considerarsi uno dei primi esempi di opera filoindiana con chiaro intento di revisionismo storico e cinematografico, Anthony Mann ancora prima di dirigere il fortunato ciclo di film con protagonista James Stewart aveva già dato chiari segnali di una non consueta interpretazione del genere, di una visione unica e originale della grande epopea del west, una rilettura che prima ancora della dimensione avventurosa prevedeva, mettendolo al centro del discorso tematico, lo studio psicologico dei suoi protagonisti (bianchi o rossi) e le loro umane contraddizioni.

La storia di Lancia Spezzata rappresenta un microcosmo testuale che si specchia nella più ampia vicenda dell’intero popolo dei nativi americani, sfruttati nel caso del bisogno e poi privati di ogni diritto, compreso quello più sacro della libertà, costretti a rinunciare ad una parte essenziale della loro natura, rinunciare alla terra che per legge non potevano possedere.

 

- E’ strano ciò che un indiano sente per la sua terra, è come il battito del suo cuore e un amore che lo assorbe, è la nostra madre la terra, sono nato in questa valle e ne faccio parte come le montagne, le colline, il cervo, i pini e il vento...il mio cuore è qui in questa valle, se adesso ce la tolgono tanto vale che ci uccidano.

 

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A distanza di tanti anni il film di Mann mantiene intatta tutta la sua vigoria narrativa, merito senza dubbio dell’ottima sceneggiatura di Guy Trosper (I due volti della vendetta, L’uomo di Alcatraz), che ben delinea personaggi e scenari di una racconto dalla struttura decisamente originale, una storia che pur ammiccando al melodramma e all’impensabile vicenda sentimentale non perde mai di vista la solidità e il rigore rappresentato dalla personalità sofferta di Lancia Spezzata, un eroe prima disconosciuto e poi spinto a combattere.

La regia di Mann scava nell’animo delle figure in scena, ne rappresenta le ipocrisie nascoste dai buoni sentimenti (l’avvocato Masters), le meschinità di approfittatori da due soldi (Coolan) o le debolezze di ex amici che protetti da una stella rinnegano antichi legami (lo sceriffo), i ritratti che ne scaturiscono sono tutti impietosi, l’unico personaggio che non si piega a compromessi e che mantieni vivi i valori in cui crede è Lancia Spezzata.

 

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Nell’ampia filmografia del regista sarebbe un errore considerare Il passo del diavolo un western minore, Mann era già padrone di un’estetica raffinata che amplificava i conflitti morali dei suoi protagonisti senza rinunciare alla forza di una messa in scena dinamica e ricca di momenti di grande tensione, sequenze come lo scontro tra Lancia Spezzata e uno degli sgherri di Collan nel saloon (da ricordare per l’uso particolare della camera con inquadrature “sghembe” poi riprese nei successivi film) o la splendida scena dell’attacco indiano con la dinamite, per non parlare infine del tragico ma emozionante finale.

Lancia Spezzata si merita un posto d’onore al fianco dei grandi e sofferti eroi Manniani, Robert Taylor riesce nella difficile impresa di rendere credibile la sua performance (nonostante il pesante trucco) donando una forte personalità al suo personaggio, una figura che fin dall’incipit, con quel cane che gli abbaia contro come a volerlo scacciare, si porta dietro un malinconico “odore” di morte, reso ancora più intenso dalla splendida fotografia in B/N di John Alton.

 

Purifica la via

In modo sacro

Vengo

La terra

E’ mia

(Canto di guerra - Sioux)

 

Voto: 8

 

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