Regia di Robert Aldrich vedi scheda film
Nelle Filippine, nel 1942, viene inviato un ufficiale americano ad aggregarsi ad un battaglione inglese, per contrastare l'avanzata giapponese: la missione del drappello ove viene incorporato il recalcitrante statunitense (a inizio pellicola, viene mandato controvoglia dal suo comandante, Henry Fonda in un cameo incisivo, nonostante fosse stato rassicurato sulla sua mancanza dal fronte) è di distruggere una stazione radio nemica, nella jungla. Non sarà facile, e non ne torneranno vivi in molti: anche perchè, tra commilitoni, può scattare una lotta omicida per non seguire gli ordini ritenuti portatori di morte sicura. Si è sempre distinto, il cinema di Aldrich, per il suo andare controcorrente, eppure spesso anticipando tempi e temi: gli scontri fratricidi all'interno degli eserciti che la Storia ci ha presentato come vincitori e portatori di una supremazia morale (il Bene, insomma), il nemico che va sconfitto, ma a sorpresa può essere meno peggiore dei propri alleati, i patti e i duelli virili, consumati all'ultimo sangue, e pure le contorsioni dei rapporti tra personaggi. Non è forse uno dei lavori più belli del regista di "Che fine ha fatto Baby Jane", questo "Too late the hero", però contiene pagine cinematografiche di livello, vedi l'avvincente corsa finale incrociata, sotto il fuoco dei cecchini nipponici, e il risvolto del cinico a tutti i costi che, sopravvissuto, rende omaggio al compagno/rivale idealista. Più violento dei film bellici coevi (Peckinpah era di là da venire, nel genere), il film ha momenti in cui allenta troppo il ritmo narrativo, e impennate che coinvolgono lo spettatore: nel cast, ricco di volti celeberrimi, di categoria la sfida tra l'americano Robertson, che il regista volle a tutti i costi come protagonista, nonostante la scarsa convinzione dei produttori (l'attore vinse l'Oscar per "I due mondi di Charly" durante la lavorazione di questo lungometraggio), e il britannico Caine.
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