Regia di Robert Aldrich vedi scheda film
Lo scorrere dei titoli di testa è accompagnato dall’immagine di una bandiera che garrisce al vento e intanto diventa sempre più sporca e lacera: immagine emblematica (forse sin troppo) di ciò che Aldrich pensa della guerra e del patriottismo che la alimenta. Due anni dopo Quella sporca dozzina (ma in fondo uno schema analogo, sia pure in un contesto non bellico, era già alla base de Il volo della fenice), il regista torna a raccontare la missione impossibile di un pugno di uomini alle prese non solo con i nemici ma anche con la stolidità dei superiori (Denholm Elliott provoca involontariamente la morte di alcuni dei suoi soldati). Il risultato è anche migliore: un ottimo film di genere che però fa riflettere. Indimenticabile il finale, con il cinico Caine e il vigliacco Robertson (due antieroi, non a caso i soli rimasti del plotone) che corrono allo scoperto sotto il fuoco giapponese per mettersi in salvo e l’unico sopravvissuto dei due che ai compagni racconta balle sulla missione compiuta: tanto, che importa?
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