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Bianco, rosso e Verdone

Regia di Carlo Verdone vedi scheda film

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GIMON 82

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La recensione su Bianco, rosso e Verdone

di GIMON 82
8 stelle

Dopo un "Sacco bello" Verdone si avventura in un "road movie" italico, caratterizzando i suoi 3 personaggi in modo meno virtuosistico,delineando finalmente degli stereotipi di un certo tipo di italiano.Si ride ma questa volta più amaramente.

Un anno dopo il folgorante esordio di "Un sacco bello" Verdone ritorna in scena mettendo in mostra il suo ecclettismo in 3 personaggi: il pignolo Furio,l'infantile Mimmo, l'emigrante  Pasquale.Rispetto al primo film vediamo un evoluzione delle figure Verdoniane,  in personaggi che seppur rimanendo in un certo "macchiettismo" sono più delineati e strutturati in dei "tipi umani" . Qui il tema portante è il viaggio, in una storia dai sapori picareschi, stagliati nel verticismo comico dove ridiamo amaro per le vicende di personaggi riflesso di una societa' italica compromessa da una crisi generale dei valori.Rispetto ad un "Sacco bello" che godeva di un aria frizzante nel contesto (seppur nell'immalinconimento),qui vi è un retrogusto di amarezza  dietro l'angolo.Furio,Mimmo e Pasquale rappresentano il "nuovo" italiano ,abitante di un contesto becero e truffaldino.Sono personaggi caratterizzati da una sorta di inadeguatezza di fondo ognuno a modo proprio.  Pasquale ad esempio è un personaggio "sui generis" dell'universo verdoniano,una sorta di "mimo" ingenuo e candido.Egli è emigrato in Germania e fa ritorno in Italia per votare,non appena la sua ALFASUD (dai tocchi esplicitamente naif) varca  il cartello "BENVENUTI IN ITALIA" inizia la sua odissea nello stivale,tra mangiacassette,borchie e sedili rubati, egli  subisce tutto in rabbioso silenzio,da personaggio surreale e ruspante qual'è, in un mutismo quasi implosivo.Nel finale Verdone "regala" al suo  Pasquale una rivalsa ,in uno sfogo di idiomi dialettali tra il lucano e il calabrese,di un uomo che ama(va)  e crede(va)  nel suo "belpaese",  ma che gli eventi  costringono a cambiarne le vedute .Gli altri due personaggi , ovvero Furio e Mimmo, sono  figli della nevrosi odierna(sopratutto Furio), stereotipi di un italiano medio burocrate(Furio) e di borgata (Mimmo) a differenza del migrante i due vivono contornati da altri personaggi .In una galleria di figure gustose ,Verdone da molto spazio ai "comprimari" ovvero ad una splendida categoria di caratteristi:volti  della Roma popolare, dalla "Sora" Lella  al becerone Brega,che qui interpretano la nonna di Mimmo e un camionista in viaggio.Bisogna dar merito a Verdone di seguire la scia del vecchio cinema all'italiana: quello delle vis popolari che oggi non esistono piu', qui rivitalizzati grazie ad altri ottimi interpreti come il tombeur de femmes Angelo Infanti e la prostituta Milena Vukotic.Una esilarante umanita',in un film dalla vena amara e con tocchi di poesia popolare. Bellissima in tal senso la visita al cimitero,di Mimmo e la nonna, con l' anziana matrona simbolo del rapporto tra romanità e la morte.Un passaggio carico di delicatezza ,grazie alla fantastica interpretazione della Sora Lella.Verdone , stimolato forse dalla visione dei film felliniani come "Lo sceicco bianco" , "ruba"  il pignolo Furio citando il Leopoldo Trieste del maestro riminese.Un essere egoista e "mostruoso" nei tic,sopportato grazie alle "pastiglie" da una moglie satura di quest' uomo ossessivo-compulsivo.Una donna dal taglio demode' in stile barboncino che si "accoda" nel finale al viveur Raul-Infanti.L'epilogo è intriso del sapore "Verdonianus" malinconico,amaro, "solista".....a cui il riso cede il passo alla riflessione,uno specchio di tre cambiamenti in tre uomini...Pasquale per la sua "Italia",Mimmo per la sua vita,Furio per la "sua persona".Questo è il Verdone autentico,che  tutti amiamo nel suo realismo sgombro da compromessi,ma amabile nell'iperbole e la poesia,nel virtuosismo di "maschere" che la sua acuta osservazione ha reso indimenticabili e "parte" di noi....

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