Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
È quasi Teorema sfrondato dai simbolismi: una famiglia borghese tipo si ritrova ad allontanarsi sempre più da quello che il modello occidentale vorrebbe da loro. Dove però Pasolini poneva l'accento sulla dissoluzione (fisica oltre che morale) del nucleo, Olmi mostra un probabile tracollo ma chiude con uno sguardo più speranzoso, fornendo come chiave di lettura una possibile evoluzione dei rapporti sociali (più che il loro disfacimento), costruendo cinque ritratti umani sintetici ma bellissimi. Al padre di famiglia è riservato il ruolo del vecchio impiegato, disorientato dal modello americano che sempre di più avvolge istituzioni ed aziende, assoggettato alla volontà di burocrati tagliati fuori dal mondo, indifferenti al lavoro di una vita e pronti a tagliare teste al minimo dubbio: un ritratto tremendamente attuale, messo in scena con grande delicatezza ("Io credo che se la direzione generale della società ha deciso di organizzare questo seminario, avrà le sue buone ragioni. Voglio dire che queste buone ragioni io in realtà non le ho ancora capite. Evidentemente appartengo al passato e tutto quello che sta accadendo oggi sembra fatto a posta per distruggere tutto quello noi abbiamo costruito." veramente spaventoso come dal 1973 non sia cambiato nulla). Il figlio minore rinnega silenziosamente il suo ruolo di studente, passando le sue giornate a costruire una macchina in grado di formulare pensieri complessi (un oracolo tecnologico che risolva i problemi dell'umanità, oppure un semplice calcolatore che da voce ad un ineluttabile destino: la domanda resterà aperta) e coltivando il suo disagio esistenziale spiando la catena di montaggio della macellazione (dal fortissimo impatto). La figlia procede lentamente nella scoperta dell'amore e della sessualità, con momenti di grande delicatezza in pieno stile Olmi, mostrando insofferenza nei confronti della preoccupazione dei genitori (ma anche dell'attaccamento che il ragazzo ha verso di lei). La madre, professionista algida ed impassibile, viene profondamente scossa da un incidente in moto a cui assiste: un ragazzo (più o meno coetaneo dei suoi figli) si ustiona ed è costretto in ospedale senza che nessuno vada a trovarlo. Quello con la linea narrativa più apertamente allegorica è forse il figlio maggiore, la cui moglie partorisce in mezzo ad una tempesta: i tre insieme vogliono continuare a stare nella soffitta, costituendo un nucleo familiare rinnovato ed aperto ad un futuro forse più felice (proprio perché disilluso). C'è qualche problemino tecnico (in particolare il montaggio della colonna sonora), ma per il resto è davvero un'opera notevole.
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