Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Quasi un Crash- Contatto fisico al contrario, dove l’apparente casualità del destino si abbatte sulla gente che si sposta in auto per il mondo (in, realtà, all’interno di un microcosmo lombardo, diviso tra campagna e città), ma non tanto per avvicinarla agli estranei, quanto per allontanarla dai conoscenti. Per ognuno dei personaggi di questa storia – i membri di un facoltosa famiglia milanese, ritratti nel periodo della villeggiatura estiva – la circostanza è un incontro, un episodio, un’eventualità, una situazione, un elemento inatteso e dissonante che si inserisce all’improvviso nell’abituale corso dell’esistenza, e subito si trasforma in un’ossessione, un’idea fissa che sottrae l’individuo agli affetti familiari e lo distoglie dalle preoccupazioni quotidiane. Così Laura, affermata professionista e imprenditrice, assistendo ad un incidente stradale, si ritrova innamorata di un ragazzo; la figlia adolescente, appena iniziata all’amore, si scopre già portata alla spregiudicatezza; il marito ingegnere, alto dirigente di una grande azienda, vede la sua posizione in pericolo e finisce in preda all’insicurezza. Ognuno di noi possiede, dentro di sé, una dimensione incondivisibile ed incomunicabile, che soltanto a lui appartiene, ed è refrattaria agli stimoli ed agli umori esterni, così come alle logiche ed ai sistemi di priorità che regolano la vita sociale: quel pezzo di realtà esiste e prende senso solo dalla sua personale prospettiva, ed è, talvolta, come una interiore pietra d’inciampo per il normale flusso degli eventi, per il sereno e ripetitivo scorrere dei giorni. Tutto ciò che ieri sembrava ovvio e automatico, oggi risente continuamente del contraccolpo contro quello scoglio, che svetta al centro del pensiero frangendo la corrente in tante onde laterali, che portano la mente a naufragare lontano. In questo modo, l’imprevisto mette a nudo la nostra istintiva voglia di libertà, di evasione dalla routine e dai codici comportamentali dettati dal nostro ruolo nella collettività. Anche la tradizione di famiglia e la morale borghese fanno parte di quegli schematismi artificiali a cui il nostro io cerca, alla prima occasione, di sfuggire, almeno nei sogni ad occhi aperti, immaginando un individuo diverso in un ambiente diverso, capace di provare emozioni e compiere gesti che vanno ben oltre quello che ha inconsciamente imparato a imporsi come limite. Ciò che supera questa barriera, erroneamente interpretata come il confine del lecito, contrasta con le aspettative che tutti – e noi stessi, per primi – ripongono da sempre in noi: ma la razionale coscienza del divieto deve fare i conti con la potenza della passione e la fragilità tipica delle creature fatte di carne. Da questo conflitto, in cui l’impulsività è la componente incontrollabile, e quindi vincente, nascono la crisi, la sensazione di inadeguatezza, la frustrazione per quella che si crede una sconfitta per l’autodisciplina, per la forza di volontà, per la capacità di dominarsi e, in definitiva, per tutto ciò che si credeva di aver interiorizzato come valore di rettitudine (ed invece, per lo più, è solo mero conformismo, inculcato da un certo tipo di educazione). Si può sbagliare, si può essere deboli ed avere paura: anzi, tutto ciò fa indissolubilmente parte della natura umana; ed, in fondo, è così che si sperimenta il nuovo e si esprime quella antitesi che trasforma la vecchia tesi, ormai consolidata, in una variante capace di svilupparsi in qualcosa di inedito. Il germe del cambiamento è, del resto, quello che, sollevando non poche inquietudini, si sta facendo strada nella società europea all’epoca in cui si svolge la vicenda narrata nel film, ossia intorno alla metà degli anni settanta. I fenomeni che si stanno affacciando come semplici mode o stravaganze individuali, ancora prive di vero portato etico, politico, economico (l’emancipazione femminile, l’educazione permissiva, la globalizzazione del mercato, l’elettronica “pensante”, le posizioni animaliste ed ecologiste) preannunciano quella rottura col passato che rimetterà in discussione l’intera organizzazione della società, sovvertendone le gerarchie ed abbattendo gli steccati culturali tra le classi. La circostanza è, quindi, solo in prima battuta un’opera a contenuto psicologico: ciò che accade nell’intimo dei protagonisti, e che sembra essere il primo sintomo di una pericolosa devianza rispetto ai canoni acquisiti e un tradimento della condizione ricevuta in eredità, segnala, di fatto, l’avvento di una nuova era, in cui tutto sarà destinato a destabilizzarsi e relativizzarsi, con le scelte di campo sempre meno vincolate ai rapporti di sangue e sempre più orientate alla realizzazione personale. Grande è, naturalmente, Ermanno Olmi, per aver saputo, nel lontano 1974, individuare esattamente quelle tendenze “alternative” che, nei tre decenni successivi, avrebbero completamente ridisegnato il volto del mondo.
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