Regia di Mauro Bolognini vedi scheda film
Nonostante che la critica coeva all’uscita del film non sia stata benevola con questa creatura di Bolognini, cui fu riconosciuta, dai più magnanimi, la sola e consueta accuratezza nella ricostruzione d’ambiente, a distanza di anni bisogna riconoscere che “L’eredità Ferramonti” (tratto da un romanzo del toscano Gaetano Carlo Chelli) mette a fuoco i tanti vizi e le poche virtù della nuova borghesia che si fa largo a gomitate nella Roma post unitaria. In questo senso, libro e film fanno da contraltare romano ai “Vicerè” di De Roberto. Naturalmente Bolognini sfronda e taglia qua e là, dà maggiore spazio al versante privato che non a quello politico – economico, senza arretrare di un centimetro davanti all’esibizione del sesso, visto come uno strumento di conquista della ricchezza. Ma di fronte al potere anche il sesso cede, in ossequio al famoso detto siculo secondo cui “comandare è meglio che fottere”. La bravura della maggior parte degli interpreti (a Cannes fu premiata la Sanda, ma la mia personale Palma va a Proietti) rende questo film di Bolognini uno spettacolo più che decente.
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