Regia di Antonio Margheriti vedi scheda film
Un pittore chiede a una hostess di fargli da modella; lei accetta e scopre che lui è un ricchissimo principe. Il lavoro porta via molto presto la ragazza, ma i due si ritroveranno e l’amore trionferà.
Il film prende il titolo da un brano in quel momento in voga, cantato dal protagonista Alberto Lupo; al suo fianco troviamo la cantante Dalida: facendo due più due, considerando poi l’epoca in cui ci troviamo, ci si può aspettare il più classico dei musicarelli. Ma così non è: Io ti amo è una pellicola romantica (pure troppo: sdolcinata, piuttosto) e dai toni cupi, drammatici che vive di una trama propria, non pretestuosa insomma, e approfitta dei due volti celebri al centro della storia per propinare in sottofondo qualche canzone – ma niente di più. L’idea potrebbe anche funzionare, se non fosse che il pur meritevole, in genere, Antonio Margheriti non sembra particolarmente interessato al lavoro: un’atmosfera a cavallo fra fasullo e patetico aleggia sull’opera, la direzione degli interpreti è balbettante e anche le scelte registiche basilari (ad es. i movimenti di macchina insensati nella scena ambientata fra le rovine; oppure la chiusura sullo sguardo allucinato di Dalida quando Lupo butta giù la telefonata con sua madre) spesso risultano discutibili. Del finale posticcio che sembra buttato lì per scherzo è meglio tacere. Margheriti veniva da un lungo apprendistato fatto soprattutto di film mitologici, ma anche di qualche curioso titolo di fantascienza; qui firma anche la sceneggiatura (il cui principale limite risiede nei dialoghi artificiosi, retorici) insieme a Renato Polselli e Italo Fasan. 2/10.
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