Regia di Franco Brusati vedi scheda film
Pierre Dominique è un ragazzo gioviale ma anche sofferente di solitudine da quando, per ragioni di lavoro, si è dovuto trasferire a Bruges ed andare ad abitare da solo. Orgoglioso del telefono che si è fatto installare in casa, lo vediamo cercare di dare il suo numero a chiunque nella speranza che un trillo scuota le sue silenziose abitudini casalinghe.
La noiosa quotidianità viene tuttavia ribaltata quando, a causa di una perdita d'acqua, Pierre irrompe nell'appartamento della bella vicina di casa, Sarah, in procinto di suicidarsi, fino a salvarle maldestramente la vita.
Pierre si innamora subito della ragazza, scontenta e piena di rimorsi per essere stata lasciata dal suo uomo.
Poco per volta, la ragazza consente al giovane di farle la corte, ma il prezzo che il ragazzo dovrà pagare per poterle stare accanto, sarà assai caro e in grado di mettere a repentaglio non solo la dignità personale del giovane, ma anche il suo già precario equilibrio psicologico, fino a renderlo uno schiavo completamente al servizio della sua bizzarra padrona.
Da un soggetto dello stesso Franco Brusati, adattato per lo schermo da Sergio Bazzini, il bravo regista ci presenta una storia d'amour fou bizzarra e a tratti anche tenera, in cui spiccano, per contrasto caratteriale ed attitudine alla autodistruzione, le due figure bizzarre dei due giovani protagonisti, validamente scelti nella persona di Frank Grimes, attore poco noto ma bravissimo nei panni dell'insicuro e vulnerabile Pierre, mentre la folle, distruttiva ma dal forte temperamento Sarah, viene ben resa dalla splendida futura "Perla di Labuan" Carole André, all'epoca appena diciassettenne.
Brusati si rende autore di una commedia bizzarra ed azzardata, ma anche tenera ed intima, che nasconde profonde riflessioni sulla sofferenza da solitudine ed abbandono che pare rivelarsi il problema cruciale per la tenuta psicologica dei giovani proiettati nel mondo freddo e cinico della quotidianità lavorativa senza scrupoli.
Presentato in Concorso al Festival di Cannes nel 1970, I tulipani di Haarlem tenta con successo la strada internazionale, rivelandosi un film italiano in grado di andare oltre i vincoli di una produzione nazionale, presentandosi al contrario in grado di proporsi ad una platea senza confini. geografici come ideologici.
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