Regia di Pupi Avati vedi scheda film
Secondo gotico, dopo La casa dalle finestre che ridono, diretto da Pupi Avati. Storia sui morti viventi, che coinvolge un uomo di Chiesa, girata nelle pianure emiliane e in un complesso colonico agghiacciante nonostante la posizione turistica. Zeder anticipa, in maniera impressionante, Pet sematary. Un capolavoro del cinema horror italiano.
Chartres (Francia), 1956. In una villa isolata un'anziana viene trovata morta, con una vistosa ferita alla gola. L'autopsia rivela che si tratta della terza vittima, in due anni, uccisa in quel modo. In seguito il dott. Meyer (Cesare Barbetti) si reca nella villa, accompagnato da una medium. In uno scantinato la ragazza viene aggredita e portata d'urgenza all'ospedale, mentre il rinvenimento di una bara fa esclamare Meyer di avere rinvenuto il corpo di Paolo Zeder.
Bologna, 1982.
Lo scrittore Stefano (Gabriele Lavia) riceve in regalo dalla sua ragazza, Alessandra (Anne Canovas), una vecchia macchina da scrivere. Scopre, impresso sul nastro, una strana frase: "Le barriere della morte saranno finalmente abbattute, temperature e profondità del terreno K, trovato del tutto libero e insospettabile. Il mio corpo, sepolto, attenderà l'ora."
Stefano apprende che il precedente proprietario è don Luigi Costa, un prete che ha rinunciato alla fede dopo aver saputo di essere afflitto da un male incurabile. Assieme ad Alessandra, con il supporto di un poliziotto e un professore di storia delle religioni, Stefano raggiunge Rimini, luogo nel quale vive la sorella di Costa. Scopre che il prete è morto, ma il mistero s'infittisce ulteriormente: il corpo di Costa è segretamente conservato al cimitero di Spina, in prossimità di una necropoli e di un enorme edificio abbandonato, un tempo colonia estiva praticata da Costa ed ora frequentato da scienziati francesi, al servizio del dottor Meyer...
"Le barriere della morte saranno finalmente abbattute grazie al nostro lavoro, e il mio ritorno alla vita segnerà il ritorno di tutti. Il luogo che io ho scoperto è il luogo che lo Ierofante da tempo cercava..." (Paolo Zeder)
Lo spunto iniziale viene a Pupi Avati in seguito all'acquisto di una macchina da scrivere, ceduta dal suo compositore musicale (Amedeo Tommasi), nella quale il regista scopre come il nastro fosse rimasto inciso. Tutto quello che era stato scritto dai precedenti proprietari poteva essere parzialmente riletto. Scritto da Maurizio Costanzo, Pupi e Antonio Avati, Zeder è da molti considerato un capolavoro, anche se spesso il film è soggetto a critiche su alcuni punti poco chiari (specialmente nel finale) della sceneggiatura. Quello che è certo è che resta impresso nella mente per la buona interpretazione di Gabriele Lavia, Anne Canovas e di tutto il resto del cast. Le indovinate location (soprattutto il complesso di Cattolica nel quale è girato il suggestivo e memorabile finale) ottimamente fotografate da Franco Delli Colli, rendono questa pellicola unica nel suo genere. Resta in memoria anche la suggestiva colonna sonora di Riz Ortolani, sintetica ma efficace e collocata al momento opportuno. Da anni è in corso una diatriba sul fatto che Pet Sematary presenta molti punti in comuni al film di Avati: il romanzo scritto da Stephen King (e portato sugli schermi nel 1987 da Mary Lambert) è datato ufficialmente 1984 mentre Zeder risale all'anno precedente. Non è chiaro quindi se, e quanto, la similitudine tra le due opere possa essere ascrivibile solo al caso.
Citazione
"I terreni K li aveva scoperti un vecchio apolide, un tale Paolo Zeder. Scomparso, nessuno sa dove è finito. In poche parole questo Zeder sosteneva che nell'antichità, là dove si credeva possibile un contatto con l'Aldilà, con i defunti - da Delfi a Efira, Dodone e così via - si potevano riscontrare delle costanti che lui chiamava alchemiche, ma che oggi noi chiameremmo chimiche o, meglio ancora, zone geologicamente simili; questi terreni, che lui chiamava zone K, li supponeva diversi. La particolarità di questi terreni, sui quali sorgevano tutti gli oracoli dei morti, è quella di vivere un non-tempo, una non-stagione, una non-crescita, una non-morte. Idealmente: un tempo zero. Permettendo il ritorno dall'Aldilà...il ritorno dalla morte." (Professor Chesi)
Pupi Avati e l'orrore "cattolico"
"La figura del sacerdote è ricorrente nei miei film neri, essendo io fortemente cattolico e anche praticante, molto credente, c'è una parte di me, forse schizofrenica, che fa sì che i protagonisti delle mie storie nere, le più terribili, quelle che hanno contiguità con l'altrove terrifico, siano dei sacerdoti. Accade alla fine della Casa dalle finestre che ridono, accade in Zeder e accade anche nell'Arcano incantatore." (Si sarebbe poi verificato anche in seguito al rilascio di questa dichiarazione: ne Il nascondiglio e ne Il signor Diavolo).
Il filo alchemico che lega tre film
Può esserci un punto di contatto, per quanto labile, tra Zeder, Inferno e La chiesa? Il tema alchemico, più o meno affrontato nei film citati, è un sottile e invasivo elemento che li pervade alla base narrativa: esplicitamente denunciato dalla presenza di un testo (ne La chiesa); implicitamente contenuto nella filosofia delle costruzioni religiose (nella realtà cattedrali, nella finzione dimore del Male) in Inferno; contenuto nell'ambiguità di un non-personaggio (che mai appare) tale Zeder, che nell'ottimo film di Avati rimanda a Fulcanelli, reale alchimista esistito e autore del testo Il mistero delle cattedrali (Edizioni Meditteranee, 1972).
L'universo alchemico di Fulcanelli e... Zeder
"Sembra che i servizi segreti americani, appena entrati a Parigi durante la liberazione, abbiano cercato per primo proprio Fulcanelli. Senza trovarlo. Lui era scomparso, ancora oggi non si sa se sia vivo o sia morto. Quando decisi di fare un nuovo film di genere fantastico, mi servii di questo personaggio. In seguito, per poter essere più libero, gli cambiai nome in Zeder e gli ho fatto anche intraprendere ricerche sull'aldilà, sul mondo dei morti, sui terreni K, gli oracoli e i santuari." (Pupi Avati. Entretien avec Pupi Avati, su L'Écran Fantastique n. 36)
"Mi sembrava sufficientemente terribile indagare su quello che accade dal momento in cui viene saldata la bara di zinco nella quale è deposto il cadavere, e tutto quello che accade dopo, nel silenzio, nella staticità della morte. Inserendo, come elemento estraneo, come occhio indiscreto, una telecamera. Mi pareva che questa presenza della telecamera accesa con un controllo, un monitoraggio continuo su quello che avviene, l'evolversi tra il momento del decesso e quello successivo del cadavere, fosse cinematograficamente eccitante. Ovviamente tutto questo aveva precisamente a che fare con la parte malata della mia mente." (Pupi Avati, dichiarazione pubblicata nel booklet allegato al dvd di Zeder, Hobby & Work)
"Da bambini siamo stati spinti nel buio, e poi siamo tornati – ridendo o tremando – nella luce. Morire è essere spinti nel buio e non tornare più." (Fabrizio Caramagna)
Trailer
F.P. 14/06/2020 - Aggiornamento della recensione pubblicata in precedenza su Il davinotti - Versione visionata in lingua italiana (durata: 95'19")
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