Dopo commedie e serie televisive, il grande Pupi Avati ritorna al Thriller sovrannaturale con questo "Zeder", degno successore del capolavoro "La casa dalle finestre che ridono". Ad un giovane scrittore di romanzi viene regalata una vecchia macchina da scrivere. Mentre il giovane è intento a provarla si accorge che nell' apparecchio è presente un vecchio nastro d'inchiostro dove sono incise alcune informazioni su dei presunti "Terreni K" scoperti da uno scienziato di nome Paolo Zeder. Secondo Zeder, questi terreni erano dotati di alcune particolari proprietà chimiche che avevano il potere di far resuscitare i morti,facendoli tornare direttamente dall'aldilà. Il giovane scrittore,sapendo di avere tra le mani delle rivelazioni sconvolgenti, decide quindi di far luce sulla faccenda.
Leggermente meno riuscito dello sconvolgente "La casa dalle finestre che ridono", "Zeder" è in verità altrettanto inquietante, rimarcando in sostanza la strada del " gotico padano" percorsa dallo stesso Avati. La storia è difatti scritta benissimo, riuscendo sempre a tenere alta l'attenzione senza eccedere nel ritmo ; i tasselli del racconto, difatti , si incastrano poco alla volta in maniera piuttosto credibile e senza forzature di sorta, con personaggi ambigui e misteriosi (tipico microcosmo Avatiano, in buona sostanza).
Le atmosfere sono lugubri e minacciose anche quando l'azione si sposta sulle strade soleggiate di Rimini, immergendo lo spettatore in un costante senso di disagio palpabile in ogni situazione.
La fotografia risulta sempre molto suggestiva , mentre la recitazione dal canto suo è notevolissima, con un Gabriele Lavia perfettamente a suo agio nello sbrogliare la matassa della vicenda. Con questo ottimo Thriller, Avati si conferma un grande "costruttore di atmosfere" , grazie soprattutto ad uno stile che,seppur influenzato in parte da Polanski, risulta personale e dannatamente intrigante.
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