Regia di John Boorman vedi scheda film
"Avevi ragione, Lewis: c'è qualcosa nel bosco e nell'acqua che in città è andato perduto"
"Non 'perduto', venduto..."
[Ned Beatty e Burt Reynolds]
Quattro amici, Ed (John Voight), Lewis (Burt Reynolds), Bobby (Ned Beatty, all'esordio) e Drew (Ronny Cox), abbandonano per un weekend i ritmi forsennati della metropoli per immergersi, prima che la costruzione di una diga devasti irrimediabilmente la zona, nella natura selvaggia ed incontaminata dei boschi dei monti Appalachi ("Qualunque catastrofe accada nel mondo o qualsiasi insignificante problema sorga ad Atlanta, qui nessuno ci troverà mai") e ridiscendere in canoa il corso impetuoso del fiume Cahulawassee. Affascinati e rigenerati dalla purezza ristoratrice della natura, ne subiranno la cieca e spietata forza distruttrice, trasfigurata nelle deviazioni malate dell'umanità che la popola e alla cui barbarie finiranno per adattarsi. Girato negli splendidi scenari naturali tra South Carolina e Georgia, lungo il corso del fiume Chattooga (che nel film diventa Cahulawassee), scritto dallo stesso James Dickey che nel 1970 firmò l'omonimo romanzo ispiratore, a cui lavorò per dieci anni (in Italia uscì col titolo Dove porta il fiume), e che nel film compare anche in un cameo nel finale, Un tranquillo weekend di paura non rappresenta soltanto una metafora brutale ed agghiacciante del tormentato rapporto tra uomo e natura, ma ne ribalta le prospettive idilliache e conciliatorie rispetto alle propensioni più panteistiche della cultura post-sessantottina, trasformandole in una cruda ed angosciante spirale di intima dissoluzione: la natura genera mostri, quindi la civiltà, le sicurezze del progresso, la considerazione di sè e della consistenza del proprio ruolo sociale, vengono ben presto demolite e spazzate via, travolte dalle impetuose rapide del fiume, assalite da relitti umani impietosi e famelici nelle primordiali ed aberranti pulsioni che ne governano gli istinti, costrette a quella disperata e sanguinosa lotta per la sopravvivenza che ne devasterà ogni residua certezza. Reduce dal fiasco commerciale di Leone l'ultimo, John Boorman inscrive il percorso esistenziale dei suoi protagonisti, simbolicamente tratteggiati dallo script ad incarnare le diverse anime dell'uomo civilizzato, all'interno del tema classico, nella cultura occidentale, del viaggio, assumendo i contorni, in una suggestiva commistione di generi (western, avventura, thriller, horror), di un monito raggelante sugli orrori della modernità, sul dolore della scoperta e sul trauma della liberazione ("deliverance", appunto...) dall'incubo. Ammantato dalla magnifica fotografia di Vilmos Zsigmond, che stempera le atmosfere più oniriche scatenate dal crescendo di tensione della vicenda nel controcanto iperrealistico evocato dai colori scintillanti dei paesaggi, Un tranquillo weekend di paura è un film teso sino allo spasimo, inquietante, aperto da una delle più esemplari sequenze del cinema di Boorman, lo straordinario duetto tra banjo e chitarra tra Drew e il ragazzo deforme, che suonano la splendida Duelling Banjos (eseguita in colonna sonora da Eric Weissberg e Steve Mandel), immerso in una messinscena di affascinante suggestione spettacolare e magistralmente interpretato da un cast affiatato ed impeccabile, da Jon Voight al Burt Reynolds in rampa di lancia verso il divismo, fino all'ottimo Ned Beatty. Insieme al capostipite Two Thousand Maniacs! di Herschell Gordon Lewis ispirerà gli incubi "provinciali" del new horror anni Settanta, da Tobe Hooper a Wes Craven e, con il Kubrick di Arancia meccanica e il Peckinpah di Cane di paglia (non a caso candidato per la regia di Deliverance finchè Boorman non si assicurò i diritti del romanzo di Dickey) contribuirà con analoga asprezza di toni al dibattito sull'origine della violenza e del Male nella società contemporanea che segnerà in lungo e largo il cinema americano fino al decennio successivo.
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