Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Il borghese e il proletario in eterna rivalità, ma alla fine la spunta il secondo.
Finalmente ho visto questo film fluviale (5 ore giuste) che è una vita che sento nominare e che mi ha deluso. Bertolucci ha fatto di meglio, a cominciare dall'esordio "La commare secca". A pesare su questa ambiziosa pellicola è la chiarissima impostazione politica, così forte da concretizzarsi in schematismi e manicheismi che sono come una costante zavorra. La prima parte, in particolare, sembra un trattato marxista sulla divisione in classi della società, sulla rivalità delle stesse, e sulla corruzione e autoconsunzione di quella alta, cioè la borghesia. Lo stesso presupposto narrativo - cioè la nascita dei due bambini in contemporanea ma in due classi diverse - va a parare proprio in questa direzione. I due rampolli servono come "pars pro toto" a Bertolucci per sviluppare la sua visione rigidamente classistica della società, dove i contadini sono tutti buoni e comunisti, mentre i borghesi sono tutti cattivi o stupidi, e più tardi fascisti. Solo la moglie del personaggio di De Niro sta a metà, ma è praticamente una schizofrenica. Il regista (anche co-autore della sceneggiatura) si preoccupa così tanto della dialettica di classe che dimentica di definire bene i due protagonisti, i quali a discapito di ogni appartenenza sociale, sarebbero pur sempre persone con la loro individualità. Il personaggio di Robert De Niro è decisamente ambiguo o pasticciato, non saprei: in particolare non si capisce mai se è fascista oppure no, o se finge per opportunismo. Ma sono tutti e due i protagonisti ad avere atteggiamenti molto ambigui, incerti tra le contraddizioni del carattere umano e la valenza metaforica sempre dietro l'angolo.
La pellicola è costellata da scene sgradevoli di varia natura, a cadenza così regolare che sembrano messe apposta: animali uccisi in vario modo e per vari motivi, un bambino che vomita in primo piano, la ragazza che masturba in contemporanea e in mezzo campo i due protagonisti e poi va in crisi epilettica schiumando dalla bocca, personaggi che strillano, la raccapricciante uccisione del bambino, un contadino che si amputa un orecchio, poi sputi in faccia, sterco spalmato sulla faccia, sangue, vari campionari di violenza psicologica e tante altre piccole cose. Tutto il film è stato per me come la carta vetrata.
Nella regia si intravvede uno stile, ma la passione politica o l'ambizione lo fa tirare troppo per le lunghe più di una sequenza, come quella stiracchiata del suicidio del vecchio padrone (Burt Lancaster). Nell'insieme è un film anti-narrativo, dove solo pochi episodi presentano vera azione drammatica; uno è la caccia al mostro dopo l'omicidio del bambino, e qualche altro momento. Lì il film marcia benissimo, al punto che mi sono chiesto perché la sceneggiatura sia costituita quasi esclusivamente da illustrazione come di quadri e situazioni di stasi, dove i personaggi parlano di cose indifferenti od oziano, e non succede niente di significativo.
Il finale è un vero inno al comunismo, come in pochi altri film, il quale per certi versi ricorda quello de "La corrazzata Pot?mkin".
Depardieu e De Niro lasciano vedere la loro stoffa attoriale, ma devono stare al gioco di Bertolucci e della metafora di proletariato e borghesia, sicché in più momenti mi sono sembrati spersonalizzati. Il secondo, tra l'altro, nel frattempo ha proprio cambiato la fisionomia facciale, tanto che nel film icorda solo vagamente il suo aspetto di oggi. Sia i fascisti che i contadini comunisti sono solo macchiette, o dei personaggi-categoria come accennavo sopra. Lasciano il segno solo Laura Betti e Donald Sutherland, nei panni di due ultra-fascisti.
Che dire in generale? Mi pare che Bertolucci si sia lasciato travolgere dalla passione politica, e persino da un odio politico che mi sembra innervare ogni scena, e abbia dimenticato conduzione narrativa, personaggi, e ritmo. La versione di 5 ore, infatti, è una lungaggine dopo l'altra. A margine, quando l'azione è ambientata nel 1945 di fatto si respira aria anni '70, quando la parola "padrone" cambiò di significato.
So di aver urtato la sensibilità di molti spettatori, e me ne scuso, ma era giusto che scrivessi quello che penso veramente.
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