Regia di Jean Vigo vedi scheda film
L'esordio cinematografico di Jean Vigo, girato ad appena ventiquattro anni dopo una infanzia e una giovinezza tribolate, trascorse cambiando continuamente scuole e collegi fino alla maggiore età (il padre, fervente anarchico, venne arrestato e poi trovato misteriosamente morto in prigione, strangolato con i lacci delle sue scarpe, la madre lo abbandonò dopo la morte del padre): Vigo si accosta al mondo del cinema prima respirando, a Parigi, i fermenti vitali delle avanguardie dadaiste e surrealiste francesi e poi entrando in contatto, dopo essersi trasferito a Nizza per motivi di salute (soffre sin da bambino di tisi, malattia che lo stroncherà, purtroppo, definitivamente nel 1934), con quelle sovietiche grazie all'amicizia con il fratello minore di Dziga Vertov, il direttore della fotografia Boris Kaufman. Proprio insieme a Kaufman, infatti, Jean Vigo, finanziato da suo suocero, realizzerà À propos de Nice, "punto di vista documentato" sulla cittadina della Costa Azzurra. La prima inquadratura del film, dal basso verso l'alto, è dedicata all'esplosione di un fuoco d'artificio, poi una ripresa aerea dall'alto ci mostra i panorami di Nizza, i dedali di strade e viuzze, le spiagge ordinate, finchè una dissolvenza incrociata non ci trasporta su un tavolo da gioco, attraversato da un trenino elettrico da cui scendono, in prossimità di una palma, due statuine di una coppia di turisti, che vengono accatastate insieme alle fiches sul tappeto verde mentre la pallina della roulette continua a girare vorticosamente. Dissolvenza incrociata e primo piano della riva del mare, con la risacca delle onde, poi di nuovo una ripresa aerea delle strade (questa volta, però, capovolta) e ancora una dissolvenza incrociata sulla schiuma delle onde in riva al mare, seguita da uno stacco su un'inquadratura dal basso verso l'alto di una palma, poi ancora le onde del mare e così via. Basta già il solo incipit del film per coglierne il senso complessivo: non una cartolina turistica da un paradiso vacanziero, ma un fiammeggiante saggio di anarchica vivacità, sottilmente provocatorio e tecnicamente superbo nella sua magistrale forza espressiva. La narrazione procede per analogie, spostamenti di senso ed associazioni visive, che il superbo lavoro in fase di montaggio contribuisce a rendere travolgente nella dinamicità dei suoi accostamenti, la vena surreale è alimentata dall'ironia dell'approccio anticonformista, che affianca la Nizza lussureggiante dell'alta borghesia (il casinò, le spiagge assolate, i tavolini dei bar all'aperto, i turisti) con la frenesia maleodorante dei bassifondi, mentre inquadrature oblique, ralenti, accelerazioni (la sequenza del funerale), brutali scarti narrativi (i bambini deformi e la festa da ballo, ad esempio) ne trasfigurano l'essenza più intima in fiammeggiante poetica cinematografica, in cui l'eterna lotta del povero contro il ricco viene ricondotta, per lasciarne emergere l'iniquità sociale, alla semplice descrizione delle reciproche attività quotidiane: ecco, quindi, spazzini, camerieri, ballerine, bambini che giocano nelle strade, vecchi che giocano a bocce o sonnecchiano seduti ai tavolini dei bar, regate veliche, tennisti, rally automobilistici, lavandaie e maschere carnevalesche, che, catturati dall'occhio ispirato della macchina da presa, si ritrovano a danzare sullo schermo in uno scintillante gioiellino di furente sarcasmo.
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