Regia di Jean Vigo vedi scheda film
Titoli di testa: la canzone (musicata da Maurice Jaubert, uno dei principali compositori francesi per il cinema, morto a quarantanni nel 1940) che li accompagna sarà il centro, il simbolo, la bandiera sonora frizzante e sarcastica dei piccoli collegiali di Zero in condotta, il terzo film (compresi i corti) di J. Vigo, spirito esplosivo e combattivo consumato dalla tubercolosi a ventinove anni, che gli sono bastati per scombussolare le convenzioni e i timori composti di un pensiero dominante e mediocre.
Qui Vigo espone, affrontando di petto ogni censura, una rivincita (effimera e fruttuosa allo stesso tempo) contro le ingiustizie e gli abusi ipocriti che gli adulti impongono agli adolescenti, in un microcosmo fondamentale per la loro formazione/distruzione come il collegio (in generale la scuola), naturalmente inteso come un certo modo di educare opprimendo e sopprimendo gli aspetti vitali della giovinezza, lo spirito creativo, l'affetto tra amici, l'apertura mentale. Il messaggio prende vita da esperienze personali che assumono un valore universale, ribadito proprio dalla rivolta dei ragazzi contro le gratuite azioni punitive degli insegnanti e di alcuni sorveglianti, tranne Huguet (J. Dasté), l'ironico e stralunato complice delle loro aspirazioni e dei loro giochi, del loro modo di vedere il mondo "a testa in giù", comunque sia da diverse angolazioni, un adulto "folle" che imita Charlot e dà vita ai suoi disegni. Elementi questi che danno la cifra particolare del film, così realistico, dalle atmosfere "documentate" degli interni e degli esterni (altra dicotomia simbolica: il padre anarchico morì in carcere), in cui però convivono momenti magici, surreali, grazie allo sguardo di Vigo che rievoca appunto l'infanzia trascorsa da non molti anni e ricreata dal mondo dei ragazzi, stanchi dei soliti fagioli, delle eccessive collezioni di zeri, delle castrazioni gratuite per amicizie ritenute dannose, magari travisate come "deviate" anche dove potrebbero essere semplicemente fraintese (e se anche fossero sospetti fondati?). Così nella più comune quotidianità si vedono oggetti sparire e riapparire, una battaglia di cuscini si trasforma in una crasi onirica, al rallentatore, tra una processione e una marcia militare sotto una sorta di nevicata al chiuso, mentre una musica riprodotta al contrario volteggia straniante e dal timbro distorto, preludio alla baraonda finale contro la festa del collegio e una popolazione grottesca di autorità capeggiate da un direttore nano (Delphin). La luce e il cielo trionfano opponendosi alla cupezza e al chiuso del treno nella notte dell'inizio, il cui movimento meccanico viene già seguito con ironia e discrezione un po' sorniona da Jaubert.
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