Regia di Jean Vigo vedi scheda film
Si rientra al collegio dopo le vacanze e già alla prima notte in camerata i tre discoli Caussat, Colin e Briel vengono minacciati di esser messi in punizione da un corpo insegnante arcigno e punitivo, fatto di mummie ottocentesche, che soffoca ottusamente le energie spontanee ed incontenibili dei ragazzi. L'unico a discostarsene è l'eccentrico Huguet, popolarissimo tra gli studenti, che imita la camminata di Charlot e dimostra abilità ginniche salendo in cattedra sulle mani.
Altro personaggio fuori dal comune è Tabard, un ragazzino che oggi definiremmo fluido o gender non conforming: giudicato una cattiva influenza dal corpo insegnante e tenuto a distanza dagli stessi compagni per la sua effeminatezza, Tabard si tramuterà in vero e proprio leader della rivolta degli alunni, innescata dal suo sovversivo grido “Monsieur le professeur, je vous dis: merde! ” in faccia al laido docente che gli propone ambigue carezze.
Una pellicola di soli 44 minuti, condotta con la leggerezza e la giocosa vivacità tipica dell'età dei suoi protagonisti, che Jean Vigo trae dai suoi ricordi autobiografici del collegio di cui fu anch'egli ospite durante l'infanzia e rappresenta forse una fantasia di ribellione che l'autore avrebbe voluto realizzare da bambino.
La giocosità dello sguardo è tratto caratterizzante fin dalle prime scene, col viaggio in treno di ritorno verso il collegio che trascorre tra scherzi spensierati e sigari fumati di nascosto, poi ogni volta che Vigo si diverte ad inserire brevi sketch comici, come quando vediamo il maestro-bambino Huguet fare il pazzerello, e diviene esilarante quando fa il suo tronfio ingresso il direttore del collegio, interpretato dal nano Delphin, satira impietosa della megalomane stupidità del potere.
Nel finale il sovvertimento dell'ordine costituito inizia con un'indiavolata lotta coi cuscini che si tramuta in una paradossale marcia in slow motion dei bambini ribelli, tra un turbinio di piume volanti e capriole che scoprono sfacciatamente corpi seminudi.
Dopo aver fatto fallire con un bombardamento di cianfrusaglie un'assurda parata delle autorità che vedeva schierati manichini impagliati, nella scena conclusiva Caussat, Colin, Briel e Tabard corrono spensierati sui tetti, in fuga verso il cielo e l'agognata libertà.
La poesia sbarazzina dello stile Vigo, arricchita da tocchi surrealisti, condensa in tre quarti d'ora di incontenibile esuberanza un messaggio di denuncia delle soffocanti e insensate regole di istituzioni senescenti ed opprimenti, incapaci di comprendere i giovani che sono loro affidati. Denuncia che traspare talmente evidente sotto il tono scherzoso che il film sarà vietato fino al 1946, accusato di essere addirittura “antifrancese”.
Vigo, figlio di un anarchico, firma uno splendido antesignano dei tanti film sui ribelli, con o senza causa, che il cinema di tutte le latitudini sfornerà nei decenni successivi.
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