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La casa di bambù

Regia di Samuel Fuller vedi scheda film

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Donapinto

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La casa di bambù

di Donapinto
5 stelle

Giappone 1954. Una banda rapina un treno militare che trasporta armi. Nell'azione muore un militare americano. Le polizie di entrambi i paesi collaborano alle indagini e infiltrano un agente (Robert Stack) nella malavita di Tokio.                                                                                     Il regista Samuel Fuller e' stato uno dei maggiori innovatori della Hollywood del periodo d'oro, con uno stile fuori dal comune per l'epoca, ruvido e piuttosto violento, come del resto lo si puo' vedere anche in questa pellicola, anche se in piena guerra fredda e con alle porte il Maccartismo, non si fece certo pregare per dirigere film di chiara propaganda patriottica, come il bellico COREA IN FIAMME e il noir MANO PERICOLOSA, divenuti comunque dei classici. Il suo stile l'ho particolarmente apprezzato nei suoi pochi film che ho visto: LA TORTURA DELLA FRECCIA, LA VENDETTA DEL GANGSTER, IL CORRIDOIO DELLA PAURA, e STRADA SENZA RITORNO, suo ultimo lavoro, un anomalo noir girato in Francia nel 1989 e interpretato da Keith Carradine, oggi pressoche' impossibile da reperire. LA CASA DI BAMBU' e' visto da molti come un remake de LA STRADA SENZA NOME, bel noir del 1948 diretto da William Keigley. Le affinita' non mancano, troviamo il medesimo sceneggiatore, Harry Kleiner, e anche qui un poliziotto che si infiltra nella malavita, anche se Fuller opera notevoli modifiche, gira a colori e non in bianco e nero, togliendo forse un po' di fascino alla pellicola, ma in particolare il film e' girato per intero in Giappone, prima volta per un'opera Hollywoodiana. Il Giappone descritto e' quello uscito nove anni prima da una guerra che ha messo in ginocchio il paese. La presenza militare americana e' ancora ben presente, e si vede a poco a poco il cambiamento di una cultura che si lascia alle spalle un regime dispotico e ultranazionalista, quasi semi-feudale, per lasciare spazio alla cosidetta "modernità", dovendo pero' fare i conti con la nascita dalla malavita organizzata. Ed e' proprio dai loro ex- nemici che nasce tutto cio', infatti la banda autrice della rapina al treno oltretutto girata magistralmente da Fuller, e' formata da ex-militari americani precedentemente dislocati nel paese del sol Levante, e ora riciclatisi in pericolosi gangsters. Il capo della banda e' interpretato da Robert Ryan, che non fa rimpiangere lo psicotico gangster interpretato da Richard Whidmark nella pellicola del 1948. Anche qui il boss ha una sorta di attrazione per l'agente infiltrato, facendo pensare a un'omosessualita' latente. Sandy Dawson, il personaggio interpretato da Ryan, e' un'uomo apparentemente pacato e raffinato, in realta' e' un essere spietato, basti vedere quando  liquida implacabilmente e a sangue freddo il suo braccio destro e amico, credendolo a torto, un doppiogiochista. Il film scorre bene nella prima parte, l'entrata dello sbirro nella banda e l'organizzazione dei colpi. Peccato che dopo il ritmo si afflosci, colpa anche di un protagonista, Robert Stack, veramente poco efficace, monocorde e ingessato, e a una storia d'amore alquanto insipida con la bella giapponese Mariko (Shirley Yamugachi). Purtroppo e' il finale a dare il colpo di grazia. Quando Dawson (Ryan) scopre l'identita' della talpa, decide di liquidarla con una falsa rapina a una gioielleria. Non sto' a descrivere la scena, ma il tutto e' realizzato con una ingenuita' incredibilmente grossolana, tanto che stento a credere che Fuller e il suo sceneggiatore non siano riusciti a trovare un'alternativa a un pasticcio del genere, oserei dire, scusate il termine, quasi "fantozziano". La sparatoria che segue e' efficace, ma purtroppo il danno e' fatto. Probabilmente sono io ad essere troppo severo nel giudizio, e me ne scuso con i fans d Fuller. Peccato perche' le premesse per un grande classico c'erano tutte.

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