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La fortezza

Regia di Michael Mann vedi scheda film

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La recensione su La fortezza

di supadany
5 stelle

Il male può assumere svariate identità, bussando alla nostra porta in modi differenti, a seconda di quello che le circostanze richiedono. Agisce direttamente, mostrando tutta la sua presuntuosa ambizione/arroganza e un’istintiva propensione per lo sfruttamento/annientamento di chi finisce/casca sul suo cammino, qualora si senta in una posizione dominante, in una condizione di presunta intoccabilità. Viceversa, non si fa il minimo scrupolo a scendere a sotterfugi quando ha bisogno di un supporto esterno per raggiungere il suo obiettivo, pronto a sancire qualunque patto - col diavolo - possa tornare utile alla sua causa.

A volte, come accade in La fortezza, il più – se non l’unico - trascurabile/discutibile film di Michael Mann, due distinte entità maligne si ritrovano a competere sullo stesso terreno di gioco e nessuno può concedersi il lusso di sentirsi al sicuro.

Romania, 1941. Un battaglione tedesco, capitanato da Klaus Woermann (Jurgen ProchnowU-Boot 96, Il seme della follia), giunge in uno sperduto paesino per prendere il controllo di una misteriosa fortezza.

Fin da subito, succedono fatti inspiegabili, tanto da far arrivare sul posto altre truppe sotto il comando dello spietato maggiore Kaempffer (Gabriel Byrne - I soliti sospetti, Crocevia della morte), che decide di ricorrere a qualunque mezzo pur di risolvere gli enigmi che avvolgono la zona.

Così, per decifrare una lingua antica, richiama sul posto l’esperto Theodore Cuza (Ian McKellenIl signore degli anelli, Demoni e dei), un ebreo confinato in un campo di concentramento, mentre dalla Grecia sopraggiunge, senza essere atteso, Glaeken (Scott GlennIl silenzio degli innocenti, Uomini veri), un uomo che sembra saperla lunga.

Tutti loro, compreso chi non vuole credere ai suoi occhi e chi invece conosce alla perfezione cosa si nasconde dietro quanto sta capitando, dovranno capire quale sia l’effettiva funzione della fortezza e soprattutto vedersela con una creatura dai poteri sovrumani, con intenzioni tutto fuorché pacifiche.

 

 

Ian McKellen, Jürgen Prochnow, Alberta Watson

La fortezza (1983): Ian McKellen, Jürgen Prochnow, Alberta Watson

 

 

Tratto dall’omonimo romanzo di F. Paul Wilson, La fortezza è sceneggiato e diretto da Michael Mann, qui al suo secondo film, stritolato dalla tenaglia costituita da un esordio folgorante (Strade violente) e il successivo Manhunter – Frammenti di un omicidio, divenuto negli anni un autentico cult.

Figlio del suo tempo (vedi un’estetica degli anni ottanta che oggi lascia sletterlamente attoniti), impasta vari generi, come l’horror e il fantasy, utilizzando come struttura di base il bellico, senza stare a guardare il pelo nell’uovo, con un dosaggio precario e raffazzonato, ed è caratterizzato da un evidente squilibrio tra le premesse intriganti di cui dispone e un responso che non può andare molto lontano, arruolando un numero di ombre di gran lunga superiore alle luci.

Dunque, parte come meglio non potrebbe, alla luce di un’introduzione potente, quadrata e granitica, che mette in soggezione con un ambient allettante, per poi smarrirsi negli snodi/risvolti di una trama episodica/disunita/imbrattata e immergersi in effetti speciali, invasivi e abbaglianti, di dubbia/insulsa qualità, che alla lunga sfuggono completamente di mano, procurando danni irrimediabili.

Difetti che finiscono per far regredire un po’ tutti i fattori salienti della pellicola, come una location suggestiva e tematiche da sempre affidabili (le persecuzioni naziste, le presenze ultraterrene, pulsioni di carne e spirito), mentre un discorso a parte riguarda il binomio vincente formato/permeato da musiche, dei Tangerine Dream (Il salario della paura, Risky business), e immagini, un marchio di fabbrica del regista di Chicago, che emerge con un furore travolgente.

Per ultimo, il casting ha compiuto un lavoro notevole, andando a pescare giovani di belle speranze e attori di qualità, tutti destinati a un avvenire rispettabile, con Gabriel Byrne che spicca per turgida cattiveria e un Jurgen Prochnow che accorpa alcune sfumature aggiuntive.

 

 

Scott Glenn

La fortezza (1983): Scott Glenn

 

 

In conclusione, La fortezza è un film sbilenco e – non per niente - dimenticato, dove tutto appare evidenziato/stressato, una produzione artistica che andrebbe considerata sui parametri del suo tempo e che invece finisce per essere – una volta di più - soffocata dalla voluminosa filmografia del suo illustre autore (vertici come L’ultimo dei Mohicani, Heat – La sfida, Collateral). Un lavoro sui generis e senza mezze misure, nonché un flop fin dal principio, un unicum con (poche e poderose) punte di diamante (l’elevato e basilare contributo dei Tangerine Dream) e troppi vizi di forma (da una sceneggiatura deficitaria in giù) a referto per consentire di soprassedere a cuor leggero.

Tra la forza primordiale dell’ignoto e la comprensione umana, mostri terreni e sovrannaturali, flagelli e resilienza, abbagli e oscurità, fascino e brutalità, salvezza e perdizione, slanci onirici e inconcepibili battute d’arresto, con un asse portante che incombe e risuona, trascende e contestualizza, incastonando sfere d’influenza importanti e infrazioni rovinose.

Conflittuale e vistoso, stucchevole e trasfigurato.

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