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Cacciatore bianco, cuore nero

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Cacciatore bianco, cuore nero

di passo8mmridotto
6 stelle

Niente cavalieri solitari e paladini della giustizia, questa volta per Clint Eastwood, ma un ruolo scomodo e fortemente antipatico, in un film girato nello Zimbabwe e presso i Pinewood Studios di Londra.

Un film nel film, perchè la storia narra di un talentuoso regista, John Wilson (Clint Eastwood), in Africa per la preparazione di un documentario da girare nel continente nero, che passa la maggior parte del suo tempo a dare la caccia al più grande animale terrestre, l'elefante africano, con il preciso intento di ucciderlo.

La vicenda è descritta dallo sceneggiatore Pete Verril, che è prodigo di sottolineature sul carattere geniale e travolgente del regista John Wilson, uomo oberato di debiti e da sempre avezzo a vivere a ritmi e altezze vertiginose.

Il risultato è deludente, l'ossessione di Wilson che lo spinge ad affrontare pericoli nelle foreste e nelle savane africane, finisce con annoiare, non basta la bravura di Clint Eastwood con le sue mutevoli molteplici espressioni a prendere più di tanto, anzi, ad un certo punto si finisce per tifare per l'elefante, che dimostra intelligenza e scaltrezza.

Le riprese nello Zimbabwe sono comunque molto affascinanti, il film prende a volte la piega documentaristica, e la colonna sonora con la musica di Lennie Niehaus accompagna egregiamente la ostinata caccia che Wilson porta avanti soltanto per dimostrare la sua superiorità sul povero pachiderma.

La storia volge al termine quando Wilson finisce col mettere in gravi difficoltà tutto il set, peraltro soggiogato dalla sua personalità straripante.

Clint Eastwood, affidando la sceneggiatura a Peter Viertel & James Bridges, non si è eccessivamente preoccupato di quanto nel film andavano materializzandosi le vicende della realizzazione di "La regina d'Africa", leggendario film di John Huston, interpretato da Katharine Hepburn e Humphrey Bogart.

Il film di Clint, infatti, è tratto dalle memorie dello sceneggiatore Paul Viertel, pubblicate a suo tempo con lo stesso titolo.

 

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