Regia di Raffaello Matarazzo vedi scheda film
Se Vladimir Propp avesse visto i film di Raffaello Matarazzo avrebbe certamente provveduto ad aggiornare la sua "Morfologia della fiaba" con un nuovo capitolo dedicato al regista romano. Già, perché anche nel caso di Vortice, come in quelli di Catene, Tormento e I figli di nessuno, lo schema è sempre quello: una donna prodiga e responsabile perde l'uomo che ama a causa di qualche intruso e poi viene anche allontanata dai figli, fino all'inevitabile happy end. In Vortice la donna in questione è Elena (Pampanini), che per salvare il padre da uno scandalo finanziario accetta di sposare un suo pretendente rinunciando così all'amore per Guido (Girotti). Quando però il marito (Santuccio), a seguito di un incidente stradale, finisce nella sala operatoria sotto le mani dello stesso Guido, che ancora non sa chi sia il suo paziente, la vicenda prende un'altra piega. L'infermo viene ricattato e ucciso da una sua vecchia fiamma (Papas) e la colpa ricade accidentalmente su Elena. Ma la pervicacia di Guido riuscirà a salvare la donna da una triste fine.
Nulla di diverso dal solito melodrammone di Matarazzo: visto uno, visti tutti. Al regista prematuramente scomparso bisogna però riconoscere l'essenzialità del racconto, la limpidezza della messinscena, la capacitò di recepire le aspettative dei consumatori del cinema-fotoromanzo e l'abilità nel giostrare con i divi e le dive dell'epoca, alcune delle quali - come Irene Papas e Silvana Pampanini - lontanissime dai canoni estetici odierni.
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