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I berretti verdi

Regia di John Wayne, Ray Kellogg vedi scheda film

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Dany9007

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I berretti verdi

di Dany9007
5 stelle

Ho provato a vedere questo film ponendomi innanzitutto l'obiettivo di guardarmi dal giudicarlo mediocre per lo spirito propagandistico a favore dell'intervendo degli USA in Vietnam. Facciamo un passo indietro: il film esce nel 1968, proprio l'anno più significativo nell'avvio della rivoluzione studentesca, nonché alle porte di quella rivoluzione cinematografica che voleva seppellire a tutti i costi i vecchi dettami del cinema di Hollywood (Il laureato è proprio del 1968 e Easy Rider sarebbe uscito nel '69 tanto per fare due titoli) e soprattutto è lo stesso anno del Massacro di My Lai, macchia indelebile della ferocia disumana della guerra, che ha visto per protagonisti proprio gli yankees. Tuttavia bisogna anche riconoscere che questo film viene realizzato prima che la guerra del Vietnam venisse richiamata come una tragedia nazionale, come avverrà in una miriade di film, dagli anni '70 in poi, che hanno puntualmente legato i traumi e le nefandezze della guerra al ritratto di personaggi disadattati, che rientrano in patria disorientati e feriti nell'aver partecipato proattivamente ad una "sporca guerra", mi vengono in mente film come Taxi Driver, Rolling Thunder, per non parlare di Apocalypse Now persino il personaggio di Walter de Il grande Lebowski sembra un perfetto prodotto della follia di quel conflitto. Inoltre, nei primi anni del conflitto, anche intellettuali di enorme peso avevano avuto un approccio interventista nella guerra, uno fra tutti John Steinbeck (che realizzerà dei reportage in loco, sebbene non resterà della stessa opinione per l'intero conflitto). Circa gli deali politici di John Wayne non si possono nutrire molti dubbi, oggi probabilmente sarebbe messo alla gogna per la sua convinzione in quell'ideale che si sintetizzerebbe facilmente nel detto "right or wrong, is my Country" e che lo ha visto protagonista delle crociate anticomuniste degli anni '50. Tuttavia, proprio in quell'infuocato '68 questo film ebbe una risonanza enormemente negativa ed un conseguente calo della popolarità del divo, soprattutto nei confronti delle generazioni più giovani, tant'è che nel 1974 sarebbe stato invitato, con un coraggio ed una coerenza inusitata per molti divi, ad un dibattito su invito degli studenti di Harvard arrabbiatissimi con il rappresentante di quel "cinema di cartapesta" basti pensare che gli studenti lo definirono “the biggest fraud in history.”: proprio per coerenza con la sua figura il Duca sarebbe arrivato a bordo in un carro armato e, dagli estratti che ho potuto vedere, ebbe un approccio estremamente brillante nell'essere al centro di un dibattito da cui sarebbe dovuto uscire con le ossa rotte. 

Ma proprio su I berretti verdi sarebbe bene non farne appunto un caso politico, non è stato il primo né l'ultimo film con cui Hollywood ha dato una rappresentazione semplicistica di avvenimenti, ricostruiti per semplificare le parti in causa, mi viene in mente Il giorno più lungo di una manciata di anni prima o altrettanti film di guerra che si sono tradotti in parate di volti noti che facevano fuori i cattivi teutonici o nipponici che fossero. Parlando puramente della vicenda e della sua realizzazione ci troviamo di fronte ad un film che ha delle ambizioni appunto politiche: non è un caso che la vicenda si apra con i soldati che spiegano la situazione in Vietnam ad una platea di "supponenti" giornalisti di sinistra che li stuzzicano sui dubbi relativi all'intervento degli USA in quel paese. Ancor più evidente la figura del giornalista che accompagnerà il colonnello Kirby (John Wayne) nella missione con l'obiettivo di portare testimonianze avverse all'esercito, ma che si dovrà ricredere. Al di là dell'ideologia (torno a ripetere, non è stato né il primo né l'ultimo film) ciò che appare più imbarazzante è una realizzazione fuori tempo massimo: abbiamo il bambino orfano vietnamita mascotte del campo USA in Vietnam, abbiamo dei fedeli vietnamiti che si prodigano e sembrano prostrarsi alla figura degli americani buoni che vengono a salvarli, i soldati che curano amorevolmente i civili feriti, qualche siparietto comico tanto per non far mancare nulla, ma, ancor più fastidioso, abbiamo persino il capo del villaggio vietnamita che chiede di venire scortato insieme alla sua gente nel campo statunitense esclusivamente dal colonnello Kirby: una sequenza che sembra uscita da un pessimo western di 15 anni prima con gli indiani "addomesticati" che implorano l'aiuto dei visi pallidi. Tutte queste ingenuità emergono sotto la direzione di un attore che sebbene abbia saputo dare prova di grande spessore e professionalità, ha spesso sacrificato il suo talento dietro ad un personaggio più rassicurante e privo di sfumature, benché ne fosse conosapevole (una volta girato Il grinta fu lui a definire quel ruolo "il primo ruolo decente che mi abbiano proposto da 20 anni"). Le sequenze d'azione sono complessivamente ben dirette, Wayne stesso, nonostante superata la sessantina e con un solo polmone si impegna in prima persona, ma anche in questo caso, sembrano anch'esse fuori tempo massimo con scenografie a volte piuttosto artificiali. Aggiungo anche che non è male la ripartizione della vicenda tra l'addestramento, l'arrivo in Vietnam con la difesa e l'organizzazione del campo ed infine un "atto" dedicato alla missione in territorio nemico. Il famoso finale con il sole che tramonta a est ha fatto storia (mi chiedo se si è trattata di una realizzazione dozzinale o ennesimo messaggio circa il declino della politica comunista). Infine una nota: nell'ultima apparizione pubblica di John Wayne, a sole 3 settimane dalla sua morte, il grande attore venne accolto con uno straordinario applauso dal pubblico presente alla serata degli Oscar 1979. Estremamente dimagrito (fu costretto persino ad indossare una sorta di tuta subacquea sotto lo smoking) andò a consegnare quella sera la statuetta al miglior film che fu assegnata a Il cacciatore forse il film più rappresentativo della complessità e delle contraddizioni di quella guerra.  

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