Regia di Piero Tellini vedi scheda film
Dopo una rapina andata male, durante la quale faceva il palo, il siciliano Turi viene braccato dalla polizia. Il suo alibi è che fosse a fare il romantico sotto casa della servetta Donata. Per mantenere vivo l’alibi si lascia sfuggire di mano la situazione, acconsentendo a far proseguire la relazione con la ragazza, tuttavia infatuandosene a mano a mano.
Nonostante la presenza del cantante Domenico Modugno, “Nel blu dipinto di blu” non può definirsi sbrigativamente un musicarello. I toni sono seri, con punte melò, la recitazione di buon livello, la fotografia giustamente povera di tinte. E poi, se si pensa a Morandi, Albano, Little Tony e compagnia, il paragone con la capacità di tenere le inquadrature da parte di Domenico Modugno è impietosamente a favore di quest’ultimo. Ed inoltre il cantante pugliese, ancora una volta chiamato ad interpretare un siciliano, canta pochissimo. In compenso le sue musiche (Nel blu dipinto di blu, Resta cu ‘mme, L’uomo in frack) sono un sottofondo quasi perenne.
Regia poliedrica di Paolo Tellini, che alterna istanze post-neorealistiche a retaggi del cinema americano New Wave (come la carrellata che segue Modugno passeggiare lungo una boulevard romana in cerca della sua bella, con le luci artificiali sullo sfondo). Per questo, il contributo del regista risulta troppo frastagliato, senza una identità specifica. Una sorta di film a sé, di transizione.
Brava la Ralli, nel ruolo di una popolana di cuore, entusiasmante la prova di Vittorio De Sica (la cui interpretazione conferisce mezza stella in più alla valutazione), irresistibile nel ruolo dell’imbroglione melanconico e dai metodi spiccioli, tutto parole e pochi fatti. Un film più impegnato di quanto si crederebbe alla vigilia, con temi come l’onore, il coraggio, l’amore che vengono trattati con discrezione.
Ultima scena finale superflua e banale (a quanto pare necessaria per giustificare il titolo).
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