Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
Un insolito Ferrara, questo di Occhi di serpente (1 e 1 ai dadi: il punteggio perdente per eccellenza); niente thriller, niente sangue, niente tensione se non nevrotica, quella fra i personaggi e quella fra i loro alter ego sul set, in un omaggio al mondo del cinema che la dice lunga su quanto ormai si sia integrato nel 'sistema' il ribelle un po' anarchico autore - insieme al fido sceneggiatore Nicholas St. John, presente anche qui - di lavori a basso budget e fortemente contestatori del cinema 'classico' come The driller killer o L'angelo della vendetta. Eppure è passata soltanto una decade o poco più, e il regista si trova ora a giustificare le bassezze, gli animi turbati e i comportamenti meschini di chi lavora a Hollywood, utilizzando un tris di interpreti assolutamente mainstream: Harvey Keitel, già avuto nel precedente Il cattivo tenente, Madonna, fresca del successo trasgressivo (più pubblicità che altro) di Erotica, album del 1992, e James Russo, con Ferrara già per China girl (1987) e più recentemente visto in Belli e dannati (Van Sant, 1991) e Trauma (Dario Argento sbarca negli Usa, proprio in quello stesso 1993). Ebbene, se Occhi di serpente rappresenta la definitiva sepoltura del Ferrara-underground, è comunque un altrettanto chiaro segnale della cresciuta statura dello stesso come cineasta: pur non essendo sicuramente il suo capolavoro, questo film però ci consegna personaggi dotati di una profonda psicologia (cosa che è quasi sempre mancata nel suo precedente cinema) e un intreccio più complicato del solito, che rimanda continuamente al senso del 'doppio gioco' fra realtà concreta (gli attori, il regista) e realtà virtuale (la rappresentazione). Nel finale Ferrara sfoga anche il suo istinto 'pulp', ma senza mettere in scena una singola goccia di sangue, cosa che la dice più lunga di mille dichiarazioni su quanto il regista sia cambiato (o quantomeno disposto a farlo) per venire incontro all'opera (mentre sinora era accaduto quasi sempre il contrario: era l'opera a risentire fortemente la sua impronta). Molto bravi, pare superfluo dirlo?, i tre interpreti centrali. 6/10.
Durante le riprese di un film (sulla crisi di una coppia) sia il protagonista che il regista flirtano con la protagonista; il triangolo nevroticamente supporta la creazione artistica, ma rovina la vita reale ai tre.
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