Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
Genco, un detenuto di origine italiana, durante un trasferimento in direzione di Parigi tramite treno, riesce a sfuggire e far perdere le tracce nelle campagne. Corey è un criminale che ha scontato la pena; rimesso in libertà, torna da un suo ex-complice sottraendogli una cospicua somma di denaro. Acquistato un veicolo, inizia a vagare per i dintorni della città; s'incontra fortunosamente con Genco. I due stringono amicizia e progettano un furto, arruolando per l'occasione Jansen, un ex-poliziotto dotato di dimestichezza con le armi ed ottima mira. Il colpo riesce, ma piazzare il bottino non è cosa facile; inoltre, la polizia li incalza. "I Senza Nome" è un film di genere polar diretto dal maestro Jean-Pierre Melville. Per una volta, la scelta del titolo in lingua italiana, è appropriata. I protagonisti, due malviventi di carriera ed un ex-poliziotto dedito all'alcool in cerca di una rivincita, durante il furto, all'interno di una prestigiosa gioielleria, agiscono mascherati. Persone senza volto e senza nome, dal passato ignoto, sono coinvolte in un'attività illecita quasi di routine, la quale si conclude a loro sfavore. In un attimo, concludono la loro carriera criminale e la loro esistenza terrena. Ne' Corey, ne' Genco hanno intenzione di cambiar vita, non conoscono prospettive diverse dal crimine; del resto, per quale motivo dovrebbero voler essere altro ? Tra le forze dell'ordine, ad esempio, non ci sono persone migliori di loro. E' un secondino a proporre a Corey la realizzazione del colpo, fornendo le informazioni necessarie. Il commissario Mattei, scorta di Genco e successivamente a capo del team investigativo che si occupa sia della ricerca dell'evaso sia delle indagini sul furto, "gioca sporco" con i potenziali informatori, ricorre al ricatto, agisce in modo subdolo. Jansen, ex-poliziotto, prende parte al progetto criminoso non per avidità bensì in cerca di un riscatto personale contro i suoi colleghi di un tempo, nei confronti dei quali nutre evidente animosità. Quali che siano i suoi trascorsi, quando Corey lo contatta, egli è un uomo allo sbando. Chi gli "tende la mano" è un criminale, non un ex-collega. I tre trovano conforto nella solidarietà reciproca; applicano al loro agire una sorta di etica che evita danni agli innocenti ma non a chi si mette loro di traverso. Uccidere o essere uccisi, l'ambiente criminale nel quale si destreggiano non consente diverse possibilità. Non è possibile fidarsi di altri, men che meno delle donne, l'apparizione delle quali è presagio di prossima sventura. La fotografia predilige toni scuri, colori spenti, desaturati. Il ritmo è lento. E' concesso diverso tempo alla preparazione ed esecuzione del furto; possiamo trovare un certo interesse nei dettagli tecnici connessi a tali fasi - esempio, il sistema di videosorveglianza della goielleria. I dialoghi sono estremamente concisi. Non hanno molto da raccontare l'uno all'altro Corey e Genco, il primo è stato in carcere, il secondo prossimo probabilmente ad entrarvi, con l'ulteriore disagio d'essere uno straniero, pertanto maggiormente esposto a prepotenze e vessazioni. Le ambientazioni sono varie; appartamenti cittadini, uffici di polizia scarni ed un poco scalcinati, campagne e boscaglie, strade ingombre di veicoli e di una vitalità indifferente alla sorte dei protagonisti; immancabili locali notturni. Buone interpretazioni per i membri del cast, composto da artisti di peso. Alain Delon è Corey, uomo determinato, disilluso. Uscito dal carcere, non fa alcun tentativo per intraprendere un'attività onesta, affronta con decisione un ex-complice, usa la violenza contro i suoi sgherri, si disinteressa sdegnato della sorte di una donna che probabilmente l'ha abbandonato, durante gli anni della detenzione, in favore dello stesso vecchio compagno di crimine. Coinvolge nel suo piano Genco (Gian Maria Volontè), uomo sanguigno, anch'egli rassegnato ad una vita oltre i limiti della legge. Jansen (Yves Montand) avendo un'occasione di riscatto, è felice di collaborare con i due e si applica con dedizione. Si pone sulle loro tracce il commissario Mattei (Andre Bourvil), un tenace investigatore pronto ad usare ogni mezzo pur di ottenere il suo scopo. Progettare il colpo e portarlo a termine non è difficile; i tre riescono, senza spargimento di sangue. I problemi nascono al momento di trasformare il bottino in denaro. Il "sottobosco criminale" nel quale i protagonisti agiscono è infido, popolato di soggetti vendicativi, avidi, inaffidabili. Ne nasce una sequenza di complicazioni che porta la polizia sulle tracce dei tre ladri, i quali agiscono con solidarietà reciproca anche nel momento in cui comprendono d'essere in grave pericolo. Ciò li perde definitivamente; tre banditi in meno, ma la società non ha molto da gioire; i personaggi moralmente peggiori sono liberi di proseguire nelle loro attività. "I Senza Nome" può essere considerato una sorta di "compendio" del genere polar; è la penultima opera di Melville, non c'è molto che non si sia già visto in precedenza. Traspare una visione pessimistica delle dinamiche sociali; alla loro luce, benchè criminali, i protagonisti paiono soggetti positivi, poichè dotati di una certa etica che li porta ad agire nel rispetto di una scala di valori, per primo l'amicizia, dei quali i loro avversari sembrano privi. Le scelte circa scenografia e fotografia confermano tale negatività. Un racconto lento, da seguire con attenzione e pazienza, affinchè sia possibile comprendere ed apprezzare il pensiero del regista, chiave per la "decifrazione" di un intero genere cinematografico.
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