Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film
Vero testamento cinematografico di Melville, "Le cercle rouge" è un polar di alta scuola che si piazza fra i migliori risultati in assoluto del regista e del genere a cui appartiene, anche se non riesce a replicare la perfezione stilistica e narrativa di "Le samourai", che resta il suo capolavoro indiscusso. La trama ricorda in molti dettagli quella di "Giungla d'asfalto" di Huston, con la rapina alla gioielleria e le circostanze impreviste che faranno seguito, dovute ad una fatalità che sembra governare interamente l'esistenza dell'uomo. Film maturo e pessimista di un autore che riflette sulla colpa intrinseca nell'animo dell'uomo e sa rielaborare gli spunti del noir classico in una sua visione personale, concedendosi pezzi di bravura come la lunga scena della rapina interamente muta, che non ha un sapore derivativo pur omaggiando esplicitamente altre scene di film come quello citato di Huston. Lo stile ha un rigore bressoniano di esemplare asciuttezza, tende alla dilatazione delle sequenze e immerge i personaggi e la materia narrativa in una cupezza senza scampo. Nel cast ci sono attori di prestigio che recitano con convinzione, ma il film appartiene a Melville più che a loro: si segnala soprattutto un ottimo Bourvil nella parte del poliziotto disilluso e un Yves Montand dalla maschera autunnale, mentre Alain Delon non può replicare la perfetta neutralità espressiva di Jeff Costello perché ha meno spazio, così come un Volonte' corretto ma non utilizzato certo al massimo delle sue possibilità. La versione italiana che ho visto è tagliata di almeno un quarto d'ora ma non saprei dire se si tratta di tagli importanti ai fini della valutazione dell'opera; dispiace comunque che la distribuzione non l'abbia presentato nella lunghezza voluta dal regista.
Voto 9/10
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