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Distretto 13: le brigate della morte

Regia di John Carpenter vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Distretto 13: le brigate della morte

di Nic90
9 stelle

Los Angeles, quartiere South Central. Il tenente Bishop, fresco di promozione, viene incaricato di supervisionare il Distretto 13, l’ultima notte prima che venga trasferito dal ghetto in cui si trova. Il poliziotto Starker – e il suo carico di detenuti – è costretto alla sosta nella stessa stazione di polizia. Tra di loro, un pericoloso condannato a morte. Una famiglia, di passaggio, si ferma al camion dei gelati: la bambina è affamata e il padre la lascia sola per qualche istante. Una gang si aggira in cerca di bersagli facili. Il camion dei gelati è un obiettivo tanto gustoso quanto il gelato variegato vaniglia che la bambina reclama. Due morti in rapida sequenza e il padre perde la testa: fa fuoco anche lui. L’inferno è sceso su South Central: l’intera microcriminalità del ghetto converge sul Distretto 13. Non sarà una serata spensierata quella del neo-tenente Bishop.

 

 

Con un budget di 100.000$ (di allora) sarebbe stato un miracolo pagare il cast. Carpenter riesce a dirigere una guerra di quartiere con la cadenza di un horror.

 

Dopo l’esperimento di Dark Star – prodotto ancora grezzo, ma dal marchio già evidente – Carpenter esordisce ufficialmente con un’opera tanto essenziale – di mezzi, di parole – quanto efficace, il punto di riferimento per tutta la sua produzione futura.

Assault on Precinct 13 pesca il meglio da ogni genere, elimina il superfluo e concentra tutto su suspense, atmosfera e azione. Il prologo già fa intuire la bomba ad orologeria che sta per esplodere in mano al tenente Bishop e la musica scandisce il passo inesorabile dell’assalto. Se i personaggi sembrano più stilizzati di quelli di un western è solo per lasciare che sia l’azione a spiegare le loro ragioni, il dialogo sarebbe solo un ostacolo per il ritmo. E la massa di criminali che tenta di espugnare la stazione di polizia sembra un’orda di zombie spinta dall’unico istinto di saziare la propria sete di vendetta. Forse la vendetta della periferia malfamata americana contro l’ordine di uno Stato noncurante.

 

È curioso come alcuni degli interpreti di Carpenter, volti poco noti altrove, trovino espressione solo nei suoi film. Frank Doubleday – il capoccio della gang – firma qui una delle scene più efferate e agghiaccianti della storia del cinema, poi recita uno straordinario villain allucinato in Fuga da New York per poi sparire nel nulla.

 

Discutibile la scelta della versione italiana di sostituire la colonna sonora principale – lenta, sorda e martellante – con una versione cantata della stessa.

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