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Nosferatu a Venezia

Regia di Augusto Caminito vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Nosferatu a Venezia

di George Smiley
6 stelle

Forse un po' sottovalutato questo seguito italico del capolavoro Herzoghiano, sicuramente un film imperfetto, incompiuto e pregno di difetti, ma che riesce a mantenere per tutta la sua durata un'atmosfera elegantemente funerea e sepolcrale e in cui Kinski giganteggia come al solito in uno dei ruoli che lo hanno consacrato nella storia del cinema. Le caratteristiche del celebre vampiro introdotte in "Nosferatu, il principe della notte" vengono qui ancora più accentuate: Kinski interpreta una figura sofferente e maledetta, malvagia a causa della sua stessa natura che non gli permette di essere accettato né dalla vita né dalla morte (la quale desidera ardentemente), ma capace di amare e spinto da un'irrefrenabile pulsione sessuale. "Ma non hai paura del Sole?"-"No, è la notte adesso a farmi più paura": ecco, questo scambio di battute basterebbe per spiegare la natura di questo seguito apocrifo, tutt'altro che alimentare e che deve lo scarso successo alla travagliata produzione, funestata dalle bizze dello stesso Kinski, e ad alcune scelte grossolane in fase di sceneggiatura e di messa in scena che si alternano a trovate di grande impatto ed eleganza. La cornice scelta non potrebbe essere più azzeccata: Venezia, città decadente per sua natura, si avvolge con i suoi canali ammantati da una fredda foschia intorno alla figura del vampiro, anch'essa più decadente che mai, in un'atmosfera sospesa tra presente e passato, in cui tutto sembra ripetersi come in uno spartito scritto in tempi antichissimi, accentuando il senso di disagio e di immortalità vissuta come dannazione dal nosferatu, il non-spirato che agogna la morte condannato a vagare per l'eternità nelle tenebre della notte mietendo vittime, invincibile e impotente al contempo, alfiere del male e amante passionale sottomesso al binomio eros-thanatos. Oltre a Kinski sono chiamati altri due grandi attori a reggere la scena: Christopher Plummer e Donald Pleasence, non al meglio delle loro capacità attoriali ma comunque validi per la causa. Completano il cast Barbara De Rossi, Yorgo Voyagis, Anne Knecht e l'attrice francese Elvire Audray, morta prematuramente a quarant'anni. A rendere ancora più suggestivo il film ci pensano la tetra fotografia di Tonino Nardi e la colonna sonora che si divide tra le composizioni di Luigi Ceccarelli e le atmosfere new age del grande Vangelis. Come detto in precedenza, "Nosferatu a Venezia" è un film pieno di discontinuità in cui momenti pacchiani e di stampo televisivo lasciano spazio a pagine di grande efficacia e fascino, forse un po' troppo privo di ritmo ma che sà trasmettere allo spettatore inquietudine, malinconia e il senso di solitudine e desolazione associato da sempre all'immagine del vampiro. In definitiva un'operazione non del tutto riuscita ma tremendamente suggestiva, un film da rivalutare e una nota decadente che va ad aggiungersi alla lunga serie di opere cinematografiche sul vampirismo.

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