Regia di Liliana Cavani vedi scheda film
Figlio dei suoi tempi ma questo non si capisce perché necessariamente debba essere una colpa, è comunque di un certo interesse a livello visivo che lo fa rientrare dentro al filone distopico-apocalittico(nei vecchi dizionari del Cinema di Fantascienza del Mongini, era infatti presente come anticipatorio di un futuro possibile), cosa impensabile di primo acchito, per la filmografia della Cavani, e per la bella allegoria dei corpi distesi per strada uccisi, in una Milano grigia e plumbea, in cui sembra sempre che abbia piovuto da poco, come si conviene alla Storia.
L'idea di questa Antigone moderna in ambientazione di un regime dittatoriale se non totalitario, che lascia a monito per altre sollevazioni i corpi dei "ribelli" morti nelle strade(come poi diverrà addirittura realtà nelle immagini successive a certi colpi di stato in America Latina), è sviluppata ovviamente con un discorso che soprattutto col senno di poi potremmo definire "facile" e scontato, e certamente per parlare a quelli della parte sinistrorsa di cui la Cavani è sempre stata ben inserita e premiata dall'apparato. Ma anche al netto di queste condivisibili considerazioni, il film ha motivi di attrattiva e fascino ancora adesso, checchè ne dicano i detrattori-e parla uno che non ha mai fatto parte della parrocchia PCI- a 55 anni di distanza. Uno di essi è una buona ricerca formale e di simbolismi che si rifanno agli Imperi, sia quello romano che quello napoleonico, intelligentemente a fare da scenografia ad elementi di arredamento e stile simbolo del design italiano anni '60 più famoso, come i televisori in B/N rossi con schermo rivolto verso l'alto Brionvega, e le altrettanto famose radio componibili con le casse che si richiedono su di essa, o le immancabili poltrone Frau. A creare un simbolismo futuristico che è una capsula del tempo italiano di fine anni '60, oggi affascinante, e una raffigurazione all'interno del filone distopico fanta-politico, personale e che si ritaglia un suo particolare spazio. Anche le uniformi dei militari dai gradi e fregi, cappelli che potrebbero essere sia del Patto di Varsavia che di vari paesi latinoamericani ma anche italiane (a cui si prestò una giovane Gabriella Pescucci), con gli elmetti bianchi delle "Security Forces" e la forma a ricordare gli M1 dei "Peace Corps" americani, sono indovinate e accrescono la cura almeno visiva e scenografica, del film. Bella la colonna sonora di Morricone dai diversi ri-arrangiamenti di brani da quella di poco precedente per "Queimada" di Gillo Pontecorvo.
Britt Ekland è certamente poco attrezzata per il ruolo da protagonista, messa lì da Cicogna di cui era la donna e che piazzava quindi in tutti i film, si cerca di adattarla alla generale afasìa di tutti i personaggi, e al loro muoversi e agire spesso ieratico e appunto, puramente simbolico. Però il suo aspetto è talmente notevole che colma ogni lacuna, e porta comunque molto al film nel suo complesso.
Clementi è Clementi, fa sostanzialmente lo stesso personaggio in tutti i film di quegli anni, praticamente muto e se bofonchia qualcosa è in aramaico o ostrogoto come dice uno degli stessi soldati, ma ciò basta perché non molti attori erano più rappresentativi e carismatici per tutto il contenuto che una pellicola come questa, poteva offrire.
Bravo pure Tomas Milian(doppiato da Stefano Satta Flores) nel ruolo più irrealistico del film, di priviliegiato "giovane ribelle" già un pò invecchiato(circa 34 anni all'epoca), che si rivolta di fronte agli assassini del governo al suo stesso padre, che ne è uno dei principali e spersonalizzati capi.
E' anche uno dei tanti film sull'apocalisse e sulla popolazione che si fa obbediente gregge che su tutto cala lo sguardo e indossa il paraocchi, tranne appunto quel 10% non di più come scriveva Jünger, che per i motivi più diversi non si piega personalmente, continua a pensare e indignarsi e a non accettare qualsiasi aberrazione e sopruso, non è controllabile quindi da nessun tipo di Potere. Ritornato dunque di attualità premonitrice soprattutto dopo il covid 1984, e tutte le sinistre farse della propaganda che si sono susseguite in questi cinque anni.
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