Regia di Luis Garcia Berlanga vedi scheda film
Un becchino e la figlia di un boia, considerati due paria dalla società, si sposano: lui sogna di andare in Germania a fare il meccanico, lei si accontenta di aver trovato un marito. Ma il padre di lei, che si è finalmente visto assegnare una casa popolare, sta per andare in pensione: quindi convince il riluttante genero a fare domanda per ottenere il suo posto ed ereditare l’appartamento, e lui accetta sperando di non dover mai esercitare un mestiere che gli ripugna. In effetti per un po’ di tempo non si svolgono esecuzioni, poi arriva una chiamata da Palma di Maiorca: ma non è ancora detto, spesso viene concessa la grazia... Commedia nerissima, umorismo grottesco, dialoghi che sembrano scritti dal Kafka di Nella colonia penale (i condannati non hanno più l’educazione di una volta, la garrota è una pena più umana di ghigliottina e forca). Per buona parte si ride della spensierata incoscienza di Manfredi e dei suoi tentativi di sventare ogni possibile occasione di omicidio (infischiandosene però dei delitti d’onore, per i quali non è prevista la pena capitale), ma il finale è tragico e fa intravedere un futuro amaro: l’apprendista boia, per quanto disgustato dal proprio compito, si avvia a diventare l’indifferente macchina di morte che era stato il suocero (“Non lo faccio più” “L’ho detto anch’io la prima volta”). Così com’è, resta un documento dell’atmosfera plumbea della Spagna franchista; ma sospetto che sarebbe stato ancora più efficace lasciando l’ambientazione indeterminata.
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