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Cimitero vivente

Regia di Mary Lambert vedi scheda film

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La recensione su Cimitero vivente

di maghella
6 stelle

“i don't want be buried in a Pet Sematary, i don't want to live my life again”, cantavano i Ramones in una famosa canzone scritta nel 1989 appositamente per il film in questione. La famiglia Creed si trasferisce in una bella casa nella campagna del Maine. Louis (Dale Midkiff) e Rachel (Denise Crosby) hanno 2 bambini, Ellie e il piccolo Gage, il gatto Church completa il bel quadretto famigliare. Il vicino di casa Jud (Fred Gwynne) si presenta subito mettendo in guardia i nuovi arrivati dalla strada che li separa e che è trafficata da velocissimi camion, che sono stati troppo spesso la causa per la morte degli animali domestici. Nelle vicinanze della casa si trova infatti un piccolo cimitero degli animali, nel quale sono sepolti da sempre i compagni a quattro zampe degli abitanti della zona. Jud cerca di rassicurare la piccola Elli che la morte non è un qualcosa di definitivo e che gli animali che sono stati per noi tanto cari continuano a sopravvivere nei nostri cuori e a parlare attraverso le scritte sulle lapidi. Se Elli e Louis non appaiono molto spaventati da certi racconti, Rachel ne è turbata e interrompe bruscamente la gita nel piccolo cimitero. Purtroppo i tir che corrono sulla strada non investono solamente gli animali, un ragazzo viene travolto e ucciso e a niente valgono i primi soccorsi che Louis (che fa il medico presso la piccola cittadina di Ludlow) gli presta. Il fantasma di quel ragazzo diventerà una sorta di spirito guida che condurrà Louis -e in seguito gli altri componenti della famiglia- verso il proprio destino. Mentre Rachel e i bimbi sono in visita a Chicago ai genitori di Rachel, Louis trova il gatto Churc morto lungo il ciglio della strada. Preoccupato per come potrà reagire la piccola Elli, Jud consiglia a Louis di seppellire il piccolo animale in un luogo segreto che solamente lui conosce. Attraversato il cimitero degli animali, lungo un sentiero pericoloso, i 2 uomini arrivano ad un antico cimitero indiano. Louis seppellisce l'animale eseguendo gli ordini del vecchio Jud, una volta tornato a casa scopre che il gatto è tornato in vita. Ma è il solito gatto? L'animale è decisamente più aggressivo, dall'aspetto minaccioso, non ha niente più a che vedere con l'amorevole micio di Elli, che infatti si rende conto del cambiamento e comincia a dubitare del proprio animale. Gli incubi di Louis continuano, il fantasma gli preannuncia altre terribili disastri nella vita della sua famiglia. Gage, per una fatale distrazione di Louis, viene ucciso sulla strada davanti casa, il dolore per la sua morte porterà Louis a fare con il figlioletto quello che già gli era riuscito con il gatto, non preoccupandosi delle conseguenze. Tratto dal famoso libro “Per Sematary” del 1983 di Stephen King, da lui stesso sceneggiato per questa prima versione cinematografica del 1989. I film tratti dai libri o dai racconti del famoso scrittore statunitense sono molti, ma non tutti riusciti. Questo di Mary Lambert è uno di quelli che personalmente apprezzo di più. Anche se appare quasi come un “B-Movie”, e forse lo è, riesce a conservare l'atmosfera delle pagine stampate, complice sicuramente la sceneggiature, ma anche la capacità della regista di trasportare con le immagini i sapori che le parole scritte e lette del libro producono con l'immaginazione. Basterebbe l'immagine del sentiero che conduce al cimitero degli animali, il circolo delle piccole lapidi, o il gatto che torna dal regno dei morti, per non parlare della parte più horror con le risate del bambino che vuole giocare un gioco che non diverte più nessuno, a dare la piena sufficienza al film. Il libro è uno dei più belli di King, una storia che prepara alla elaborazione dei lutti più gravi all'interno di un nucleo famigliare, a partire da quello per un animale fino ad arrivare a quello più drammatico per un figlio, il film è una illustrazione ben riuscita del libro, con alcuni limiti proprio nella sceneggiatura purtroppo, che come spesso accade, non riesce ad essere esaudiente su alcuni passaggi fondamentali, lasciandoli sospesi. Gli attori non sono (forse) adatti ad un prodotto per il grande schermo, trovandosi inesperti per un lavoro che necessitava una preparazione professionale più adeguata, è proprio la loro interpretazione (e i loro volti conosciuti per serie televisive di successo quali quella di Fred Gwinne per “The Munsters” -serie tv 1964-2007) che danno al film un alone da “B-Movie”. Stephen King si ritaglia un cameo all'interno del film, interpretando il prete che celebra il funerale di Gage. Da segnalare come colonna sonora, nei titoli di coda, la canzone dei Ramones citata all'inizio di questa recensione.

 

 

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