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Giovanni Falcone

Regia di Giuseppe Ferrara vedi scheda film

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La recensione su Giovanni Falcone

di lamettrie
7 stelle

Un film ben confezionato, anche se sembra per la tv. Non gli si può dare più di 7 per la semplicità, ma il suo pregio rientra in ciò: è ineccepibile quanto alla lettura storica. Un’opera non mirabile, ma utilissima, come tante altre di Ferrara (basti pensare al primo lungometraggio, l’assai istruttivo “Sasso in bocca”, sempre sulla mafia), coerenti con un intento giornalistico, nell’accezione estetica socialista più alta del termine: il suo merito è informare in modo puntuale e imparziale su fenomeni di fondamentale rilevanza, su cui per di più è stata tesa volontariamente una coltre di ignoranza collettiva. Tale mancato riconoscimento del vero ha solo una matrice (assieme alla collusione dei tantissimi ignoranti, che non vedono l’ora di non dover far la fatica di sapere cose vere e gravi, e che in Italia sovrabbondano, ben spalleggiati dal calcio, dai glutei della tv…): quella della volontà della classe dirigente criminale che, in quei frangenti (tanti, a dire il vero, e dunque decisamente troppi) abbiamo avuto (ma solo perché glielo ha permesso la maggioranza degli elettori, con puntuale esercizio di sadomasochismo).

La pellicola è lunga e didascalica, ma non annoia mai, proprio perché all’altezza del grande oggetto che tratta. Tutti i fatti e le interpretazioni appaiono di gran lunga le più convincenti, anche oggi, a ben 27 anni da quei tragici fatti su cui, notoriamente, depistaggi e insabbiamenti sono stati tentati e riusciti anche da parte di organi dello stato; e il film fa capire questo aspetto, con una virtù profetica che purtroppo non era però così sorprendente, data la ridondanza dei precedenti.

La solitudine e l’impotenza di chi serve davvero la società nel bene, e che è costretto a vedersi silenziato, ostacolato e fermato, fa da contraltare allo strapotere reale (non sognato in un’opera d’arte, bensì reale) di chi invece ha cercato di distruggere la società italiana, per i propri interessi di denaro e potere, e ci è spesso riuscito, magari proprio scalando i vertici della stato. L’identificazione storica nella prima repubblica fra Democrazia cristiana e malaffare in generale, e mafia in particolare, anche un bambino la capirebbe, se però istruito come si dovrebbe, ovvero in modo non parziale.

Non ci sono fronzoli inutili, ma ritmo, e un cast all’altezza (su cui spicca Gianni Musy nei panni di Buscetta).

Questo è il classico caso in cui non bisogna scervellarsi con l’inventiva per rendersi interessanti: ma basta già la realtà a mostrare se stessa, talmente è orribile e importante. Resta il fatto che l’Italia è l’unico tra i paesi progrediti, o almeno sedicenti tale, a permettere ancora alla criminalità organizzata uno strapotere militare  ed economico quasi assoluto su vastissime porzioni del proprio territorio, e da secoli. E di questa oscenità, pagata così a caro prezzo, l’opinione pubblica italiana pare molto lontana, in media, dall’averne una consapevolezza minimamente adeguata. Perciò, ben vengano, e si continuino a rivedere (nonostante purtroppo vengano riproposte col contagocce, preferibilmente a notte fonda, e  non certo a caso), pellicole come queste: saranno semplici, ma anche fondamentali, e quindi molto più importanti di altre che magari appagano ben di più sotto il profilo estetico, ma dicono il nulla, o quasi; o, peggio, fan propagare balle (spesso ben studiate). Ovviamente, queste ultime però hanno ricevuto sempre più diffusione di quelle veritiere e meritorie; del resto, sono le uniche ad essere state foraggiate dal potere economico e quindi politico, e volontariamente.

 

 

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