Regia di Ettore Scola vedi scheda film
È un film autoreferenziale e piagnucoloso, tutto incentrato sul cinema come microcosmo e derivato dalle opere di altri registi come il Fellini di Intervista e il Tornatore di Nuovo cinema Paradiso. Nonostante qualche situazione riuscita, in particolare quelle di cui è protagonista Troisi (il racconto del licenziamento dalla gioielleria, con il dialogo di «a lei la scuola della vita non le ha insegnato nulla!»), Splendor è un film che testimonia l'impasse o forse la crisi di un regista fondamentale per la commedia italiana. Eppure, per me è un film fondamentale, per la situazione particolare in cui l'ho visto, il 3 novembre 1989 a Manchester, in italiano con i sottotitoli in inglese, sottotitoli peraltro tradotti con superficialità e che ancora non capisco come potessero far sganasciare gli inglesi dalle risate, mentre lasciavano me quasi completamente indifferente.
Tra Capra e Fellini, non c'è una sola sequenza - ma neanche un'idea - originale.
Troppo vecchio per la parte, quanto meno nella prima parte.
L'unico punto di forza del film: Troisi era un personaggio - prima ancora che un attore - di cui non si rimpiangerà mai abbastanza l'assenza.
Troppo vecchia per impersonare la ballerina (e infatti è spesso sostituita da una controfigura), ma anche per far innamorare, in sequenza, Mastroianni, Troisi e Panelli. Il suo personaggio è troppo ballerina per accontentarsi di fare tutta la vita la cassiera dello Splendor.
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