Regia di William Wyler vedi scheda film
Memorabile per almeno due sequenze di indubbia maestria, Ben-Hur è sostanzialmente un revenge movie dall’afflato cristologico, che mentre predica il perdono arpeggia sulla vendetta. La maestosità di tutto l’insieme è innegabile, come è innegabile che Wyler abbia fatto ricorso ad attori di seconda scelta.
Sotto il regno di Tiberio, durante la predicazione in Giudea di Gesù, il nobile ebreo Ben-Hur (Heston) viene sollecitato dal console romano Messala (Hawkins), suo amico d’infanzia, a farsi portavoce della necessità che la Giudea si sottometta ai voleri di Roma. Ma Ben-Hur rifiuta e viene mandato come schiavo a remare in una galera. Qui, durante una battaglia, salva eroicamente il comandante. Riottenuta la libertà, Ben-Hur decide di tornare in patria per vendicarsi di Messala.
Il kolossal per eccellenza, un film da 15 milioni di dollari (ma ne incassò molti di più) rimane a oggi un’opera insuperata per grandiosità di sforzi (100.00 comparse, 14 mesi di riprese, gran parte delle quali a Cinecittà) e numero di statuette: ben 11 premi Oscar, record che solo Titanic e Il Signore degli Anelli - Il ritorno del re (sic) hanno eguagliato. Memorabile per almeno due sequenze di indubbia maestria (la battaglia tra le navi e la corsa delle bighe), Ben-Hur è sostanzialmente un revenge movie dall’afflato cristologico, che mentre predica il perdono arpeggia sulla vendetta. La maestosità di tutto l’insieme è innegabile (c’è spazio anche per la ricostruzione minuziosa di un lebbrosario), come è innegabile che Wyler – il regista con il maggior numero di candidature all’Oscar – abbia fatto ricorso ad attori di seconda scelta: Charlton Heston ha sempre la solita faccia attonita che gli si sarebbe vista anche nel Pianeta delle scimmie e i comprimari non lo superano per espressività.
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