Regia di Robert Aldrich vedi scheda film
Nonostante faccia parte della fase meno brillante di Robert Aldrich, Ultimi bagliori di un crepuscolo è un film notevole, potente, e ingiustamente sottostimato. Un thriller fantapolitico cupo e pessimista, come lo furono i maggiori capolavori di John Frankenheimer – Va’ e uccidi e Sette giorni a Maggio. Robert Aldrich, a più di vent’anni dal suo esordio, continua a scavare nel marcio dell’America, consegnandoci nuovamente uno spaccato brutale, dove i valori universali sono irrimediabilmente ribaltati, a dominare è un clima di oppressione e paranoia, e in cui gli sforzi umani falliscono miseramente. Una paranoia che trova nel terrore atomico - come fu nel capolavoro (post)noir Un bacio e una pistola - la perfetta concretizzazione. In Twilight's Last Gleaming – storpiatura di un verso dell’inno americano -, Burt Lancaster interpreta un ex-generale, reduce del Vietnam, che si barrica in una base missilistica top-secret, pronto a sganciare sette testate atomiche se le sue condizioni non saranno accettate. Egli vuole, infatti, che il Presidente degli Stati Uniti riveli ai cittadini americani la verità sui massacri in Vietnam. Ma l’oscuro potere militare – rappresentato dal luciferino Richard Widmark -, avrà la meglio.
Il plot potrebbe erroneamente ricordare Il Dottor Stranamore, ma in Ultimi bagliori di un crepuscolo il cinismo e la feroce satira del film di Kubrick lasciano il posto alla disillusione e all’amarezza. Nel film si contrappongono figure idealistiche come l’ex-generale e il Presidente – simboli di un’America pronta, comunque, a redimersi e riconoscere i propri errori -, e le figure subdole dei servizi segreti, strettamente legate ad una logica militare pronta a sacrificare la vita del Presidente degli Stati Uniti, perché, come spiega Widmark, «lui è sostituibile, noi no».
Aldrich realizza un film registicamente complesso. Otpa per inusuali split-screen per descrivere i tentativi dei militari di espugnare la base – “quadri nei quadri”, moltiplicati, tra l’altro, dalle numerose videocamere installate un po’ ovunque, simbolo di un controllo visivo costante sul mondo.
Pur peccando di un’eccessiva verbosità, soprattutto nella parte centrale, Ultimi bagliori di un crepuscolo è un film che meriterebbe un’attenta rivalutazione, soprattutto per la notevole coerenza con cui porta avanti quel discorso aldrichiano sui miti e le illusioni degli Stati Uniti.
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