Regia di Michael Mann vedi scheda film
Presto o tardi dovrò decidermi a leggere l'omonimo romanzo d'avventura di James Fenimore Cooper all'origine di questo film, che nel mentre ho avuto modo di (ri)vedere in più occasioni, sempre apprezzandolo (quasi) al pari della prima volta. Immutato a ogni fruizione, infatti, rimane intatto quel senso di sincera meraviglia e di vera partecipazione che scaturisce dalla contemplazione dei magnifici paesaggi e dall'ascolto dell'incisiva colonna sonora, senza dimenticare l'eccellenza della fotografia e dei costumi. Semplice e lineare nella sceneggiatura, ha dalla sua la forza del carattere dei personaggi, o almeno della maggior parte di essi. L'avere poi scelto gli attori giusti nei ruoli principali non può non costituire un valore aggiunto che merita di essere riconosciuto. L'empatia nei confronti di Daniel Day-Lewis (Occhio di Falco / Nathaniel Poe) e Madeleine Stowe (Cora Munro) risulterà spontanea e naturale, di pari passo alla loro competenza nel restituire figure intense, piene e financo "vive". Lo spettacolo e il senso del dramma sono dunque garantiti, ricchi di ragioni e sentimenti. Consigliato senza alcuna esitazione. Voto almeno 9/10. Diffidate delle imitazioni!
Nel 1757, durante la sanguinosa guerra anglo-francese nelle colonie americane, in un'impenetrabile foresta prossima alla zona del conflitto, tre uomini danno la caccia a un cervo: l'ex capo tribù Chingachgook con suo figlio Uncas, ultimi superstiti dei Mohicani, e un uomo bianco, Occhio di Falco, adottato quando da bambino la sua famiglia fu sterminata. L'incontro fortuito con il maggiore Duncan Heyward e le giovani Cora e Alice, figlie del colonnello Munro, segnerà le loro sorti.
Da vero professionista nel suo mestiere, gira uno dei miei titoli preferiti nella sua cinematografia.
Occhio di Falco / Nathaniel Poe. Innato carisma e talento per un protagonista coi controfiocchi.
Cora Munro. Tanto brava quanto bella. Un fiore all'occhiello. Il tocco di classe.
Ottimo lavoro a quattro mani, di Trevor Jones e Randy Edelman. Molto è una riproposizione e un arrangiamento del suggestivo tema principale, ma l'incanto e la malia non ne vengono comunque scalfiti. Vanta diversi istanti toccanti.
Se avessi letto il libro, probabilmente avrei qualche critica da avanzare, o forse no.
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