Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film
Il soggetto è di Ugo Pirro, la sceneggiatura di un'accoppiata 'agrodolce' come può essere quella formata da Fernando Di Leo (già autore di Per un pugno di dollari e Per qualche dollaro in più) e Dean Craig (pseudonimo dietro al quale si nasconde il disastroso Piero Regnoli, una carriera in serie C con frequenti sforamenti nel trash e ad un passo dal porno). Già si intuisce che il risultato sarà un lavoro decisamente combattuto: fra lo spirito moralista che mette in scena la strage dei pellerossa (per essere uno spaghetti western della prima generazione, in quanto a tematiche è già piuttosto avanti con i tempi) e la spettacolarizzazione necessaria all'opera per renderla appetibile al grande pubblico: è così che fin dalla prima scena assistiamo allo scalpo di una ragazza - e non mancheranno in seguito sparatorie, lotte furibonde, sangue e morte. Colpiscono le musiche: sono di Ennio Morricone, neanche a dirlo; verranno poi riciclate da Tarantino in Kill Bill. Il protagonista è un appena trentenne Burt Reynolds, qui alla sua prima parte di un certo spessore sul grande schermo; accanto a lui ci sono Nicoletta Machiavelli (poco più che ventenne e alle prime esperienze), Pierre Cressoy (reduce dalla stagione dei peplum) e Fernando Rey, il grande attore spagnolo che spesso girò anche nel nostro Paese. Navajo Joe - lavoro comunque portato a termine dignitosamente - è uno dei western di Corbucci che meno impressiona, soprattutto se si considera che il regista aveva appena licenziato il suo titolo più noto nel genere, cioè Django. 4,5/10.
Una ricompensa per ogni scalpo di indiano: è così che comincia una vera e propria strage di pellerossa, cui solamente l'intrepido Navajo Joe ruscirà ad opporsi, con la complicità di alcune ragazze del saloon.
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