Regia di Harold Ramis vedi scheda film
“Una volta l'anno gli occhi della nazione si rivolgono verso questo ridente villaggio della Pennsylvania per vedere un maestro al lavoro! Il maestro? Punxsutawney Phil, il meteorologo più famoso del mondo: la marmotta. Che – secondo la leggenda – può predire l'arrivo di una primavera precoce.”
Punxsutawney, Pennsylvania: Phil Connors (Bill Murray) è uno spocchioso e insopportabile meteorologo di una stazione televisiva di Pittsburgh, giunto nella piccola e fredda cittadina appositamente per un servizio che si perpetua ogni anno in occasione del 2 febbraio; negli Stati Uniti e in Canada è il Giorno della marmotta, durante il quale le autorità locali allestiscono una piccola cerimonia la mattina presto: banalmente, si fa risvegliare una marmotta in una scatola e se ne osserva il comportamento. Se questa vede la sua ombra e rientra subito nella scatola perché c'è il sole, allora l'inverno durerà ancora a lungo. Al contrario, un cielo nuvoloso condurrà presto all'avvento della primavera.
Connors disdegna la ricorrenza, ma sarà giusto il problema di dire il solito discorsetto di fronte alla telecamera per trenta secondi per fare poi ritorno a Pittsburgh, accompagnato dal cameraman Larry (Chris Elliott) e dalla produttrice Rita (Andie MacDowell).
Ma una bufera di neve, che secondo le sue previsioni avrebbe dovuto spostarsi altrove nel pomeriggio, rovina i piani di Connors e i tre pernottano una notte in più a Punxsutawney nella pensione prenotata per la notte precedente.
Ancora una volta, sveglia che scatta alle 6 in punto. Ancora una volta, “I Got You Babe” di Sonny & Cher alla radio. Ancora una volta, lo stesso dialogo fra gli speaker. Ancora una volta, il Giorno della marmotta.
Connors, incredulo e confuso, rivive l'orrida giornata da capo, ma la mattina seguente si rende conto di essere praticamente prigioniero; se dapprima decide di approfittare della situazione per fare tutto quello che gli pare senza rischiare conseguenze, in seguito affonda nella disperazione, poiché l'impresa di sedurre la distante Rita gli risulta impossibile se ogni giorno è necessario ricominciare tutto dall'inizio. Impossibilitato persino a suicidarsi nonostante i numerosi e apparentemente fruttuosi tentativi, a Phil non resta che imparare, progredire, aprirsi, cambiare…
“Come sai tutto questo?”
“Te l'ho detto: ogni giorno mi sveglio qui. Proprio qui, a Punxsutawney. Ed è sempre il 2 febbraio e non c'è niente che io possa farci.”
Lo scrittore emergente Danny Rubin aveva due idee niente male, poi fatte confluire in un unico lavoro perfezionato a quattro mani con Harold Ramis; le due idee erano all'incirca queste: cosa farebbe un uomo resosi conto di essere immortale? E cosa farebbe un uomo se dovesse ritrovarsi a vivere sempre il solito giorno? Questa la genesi di “Groundhog Day”, brillante commedia americana di gran successo prima e di culto poi.
Il compianto Harold Ramis divenne anche regista e co-produttore del film; per dire, parliamo di uno che in passato è stato co-sceneggiatore di “Animal House” e “Ghostbusters”, in cui interpretò anche Egon Spengler. Un talento, senz'altro sottostimato.
Rubin e Ramis si trovarono d'accordo nel rimuovere dalla sceneggiatura possibili spiegazioni dell'ingresso e della fuoriuscita di Phil Connors dal loop temporale, mantenendo l'impostazione di una commedia (con tocchi di black humor e di sentimentalismo) che evolve di pari passo con la presa di coscienza del protagonista; quest'ultima è sì divisa in tre parti, ma è resa con una successione sorprendentemente fluida.
Se la MacDowell ci mette il consueto apporto di faccino grazioso e non troppo espressivo, Bill Murray, vecchio collega e amico di Ramis, è il protagonista perfetto con il suo umorismo deadpan. Durante la lavorazione di “Groundhog Day”, complice l'intrattabilità di Murray, il rapporto fra i due si è irrimediabilmente incrinato, salvo poi ricomporsi solo vent'anni più tardi, quando il povero Ramis era già pesantemente gravato da una vasculopatia.
Il doppiaggio italiano – va detto - è un tantino “libero” e la voce del protagonista è affidata al timbro poco calzante di Michele Gammino: da evitare, se possibile, in favore della lingua originale.
Tanto si è discusso e si discute tuttora dei sentimenti religiosi coinvolti in “Groundhog Day”, poiché - a ben pensarci – può non sembrare una semplice novella di redenzione dickensiana. Minuziosamente scandagliato perfino da teologi vari, è stato visto come una perfetta illustrazione del samsara buddhista, una metafora dell'Ebraismo e mille altre cose ancora; tutto affascinante, se si pensa che il regista non era religioso ma aveva discendenze ebraiche e moglie buddhista. Ramis smontò queste discettazioni teologiche quando ebbe a dire: “Mi è sempre sembrato ironico che [il film] non abbia portato le persone a riconoscere gli elementi in comune di tutti i loro punti di vista, ma piuttosto che debba essere una cosa del tipo: riguarda noi e solo noi!”. Arguto, pacifico, meraviglioso!
Un altro tema sollevato è quello relativo alla durata di permanenza di Phil Connors nel loop, su cui lo stesso Ramis concorda nel ritenerlo nell'ordine degli anni o dei decenni, necessari all'apprendimento, alla consapevolezza di sé e al riscatto dall'abisso di disperazione. Da quei momenti in cui “stai per fare quel solito vecchio errore, di nuovo. Affrontiamo quei cambiamenti ogni giorno, grandi e piccoli, ogni singolo giorno. Se cambi una piccola cosa, un piccolo comportamento, allora potrebbe cambiare tutto”. Queste le parole di Ramis, autore di una grande commedia di buoni sentimenti, mai stucchevole, mai retorica, nonostante i rischi.
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