Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film
Dopo il successo di pubblico e critica di "Henry V", Kenneth Branagh torna a rivisitare il territorio shakespeariano con "Much Ado About Nothing". Lo sfondo storico si sposta dal periodo rinascimentale ad una pittoresca ambientazione italiana di metà ottocento, localizzata originariamente a Messina ma ripresa nelle campagne toscane, con un'intro che addirittura potrebbe richiamare alla memoria anche la vecchia tradizione western. Il titolo fa riferimento a un pettegolezzo origliato, che nell'Inghilterra elisabettiana simboleggiava il nulla scaturito dal caos. Il desiderio di Branagh era quello di tenere alto il ritmo senza stemperare il vis dei soliloqui e l’eloquenza del testo: le maschere evocano metafore, trasmettendo profondità e non risparmiando momenti esilaranti. Alcuni tagli della commedia originale erano essenziali al fine di rendere dinamico il racconto, e questo processo viene messo a punto evitando di danneggiare la narrazione. Il monologo sull'essere "orribilmente innamorati" ne è un esempio calzante; esponendolo quale un “flusso di coscienza”, palesa efficacemente contraddizioni e patemi del protagonista mediante un linguaggio conciso, spontaneo. La mdp non è statica: segue i personaggi espletando l’irrequietezza delle loro sagome in modo fluido, distante quindi dal consueto cineteatro. L'asso nella manica rimane però il casting. Branagh ed Emma Thompson sono ovviamente gli interpreti più competenti in materia; Benedetto rappresenta il vanto arrogante di uno sciovinista sui generis, Beatrice una donna emancipata ante litteram dallo spirito acido e una bassa opinione sugli uomini: entrambi rivelano gradualmente insicurezze, dissidi, debolezze, mantenendo un climax brillante, il quale sciorina perfettamente le sottigliezze di entrambe le travagliate personalità, nonché dei rispettivi bagliori psicologici. E mentre Denzel Washington nei panni di Don Pedro si manifesta leggero ed icastico, scegliere Keanu Reeves nel ruolo di Don John è stata una scommessa rischiosa; fortunatamente la sua performance fredda e calcolata si inserisce in maniera pertinente nel contesto, anche se non priva di legnosità. Poi abbiamo i giovanissimi Robert Sean Leonard e Kate Beckinsale: attori non dello stesso calibro degli altri, eppure nei frangenti sentimentali, carichi di un’enfasi paludata a tratti fastidiosa, sembrano sufficientemente credibili. Spassoso infine il Carruba di Keaton, il cui umorismo tendente allo slapstick non guasta l’atmosfera, figurando un contrasto tutto sommato azzeccato. Dunque l'opera, particolarmente degna di nota per il virtuosismo della sua progettazione, non può che confermare il regista tra gli artisti migliori nelle riletture bilanciate ed ingegnose dei celebri componimenti letterari, garantendo un’esperienza di intrattenimento completa e alquanto gradevole. Raffinatissime ancora una volta le musiche di Patrick Doyle.
È con quest'opinione che rivolgo a tutti i miei più sentiti auguri di buon Natale e Santo Stefano!!
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