Regia di Max Ophüls vedi scheda film
Lola Montès (realmente esistita), ballerina di non eccelse qualità, ha avuto un’innumerevole serie di amanti altolocati, culminante nel re di Baviera Luigi I, ed è poi finita a esibirsi in un circo americano dove un imbonitore rievoca le sue gesta e gli spettatori possono baciarle la mano pagando la modica cifra di un dollaro. L’ultimo film di Ophuls, nonché l’unico a colori, è letteralmente spaccato in due parti di valore molto disuguale: quella nel presente è una riflessione di impressionante modernità sulla “mercificazione del desiderio” (Mereghetti) e sulla spettacolarizzazione esibita della propria intimità, che ha ancora molto da dire in epoca di social media; quella raccontata nei flashback è la storia, piuttosto squallida e poco interessante, di una mantenuta e dei vecchi bavosi che ne hanno decretato l’equivoca notorietà. Per capirsi: ci corre la stessa differenza che fra considerare Fabrizio Corona come fenomeno sociologico e appassionarsi davvero alle sue avventure. Del resto Martine Carol è poco espressiva, e il ruolo migliore ce l’ha sicuramente Peter Ustinov, il cui personaggio sembra riproporre la scissione ora descritta: un po’ sfrutta cinicamente la sua creatura, un po’ se ne sente attratto.
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