Regia di Max Ophüls vedi scheda film
Le scene sono ingombre di oggetti, arredi e suppellettili che circondano, e in parte coprono, i personaggi, creando un gioco di strati sovrapposti che, come in un libro tridimensionale, dà una rudimentale illusione di profondità. Un intreccio prospettico di colonne, ringhiere ed inferriate ricorda le barre di una gabbia e moltiplica, estendendolo a tutto l'ambiente, l'effetto del serraglio in cui Lola Montès si esibisce come un fenomeno da baraccone. Il film è una cornucopia visiva che riunisce, in una sfarzosa abbuffata visiva, la soffitta dei ricordi, la sala di un museo, la casa delle bambole e una torta di nozze. La macchina da presa è paragonabile al meccanismo di un giocattolo, che, attivandosi, fa muovere i personaggi, come le figurine di un carillon o di una giostra, di una lanterna magica o di un orologio a cucù. In questa biografia circense il barocco è la fantasmagoria pacchiana che copre il senso del declino, come un belletto che maschera la muffa; e Lola Montès è un personaggio tragico, condannato a sopravvivere alla propria fine, ad interpretare la propria storia in uno spettacolo finto e ripetitivo, in cui ella si fa dirigere dal capocomico, assumendo, passivamente, lo squallido ruolo di una reliquia animata.
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