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Le fatiche di Ercole

Regia di Pietro Francisci vedi scheda film

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La recensione su Le fatiche di Ercole

di cherubino
8 stelle

LE FATICHE DI ERCOLE (1958)

 

Un'ora e mezza "mitica" in compagnia di un film italiano "importante".

 

"Ulisse", interpretato dal divo americano Kirk Douglas e diretto da Mario Camerini (già autore di alcuni Maciste del periodo muto) era stato nel 1954 il primo tentativo di unire l'estetica americana del kolossal con la grande tradizione italiana: ebbe un grande successo, che spinse i produttori statunitensi a preferire per parecchio tempo Cinecittà (ottimi tecnici e spese più contenute) ad Hollywood per film storico/avventurosi con impiego di risorse rilevanti. 

Due titoli a tutti noti sono "Ben Hur" di William Wiler del 1959 e "Cleopatra" di Ioseph Mankiewicz, del 1963.

 

Ma intanto Pietro Francisci (°), nel 1958, aveva inventato - con "Le fatiche di Ercole" (seguito l'anno dopo da "Ercole e la regina di Lidia") - il genere "Peplum all'italiana" che si rivelò molto importante per il nostro cinema fino al 1965: produzioni nazionali con un impegno economico di gran lunga minore rispetto alle miliardarie opere americane ma capaci (con inventiva, capacità di giocare con effetti speciali, scenografie innovative a base di polistirolo espanso e trucchi fotografici atti anche a far apparire più numerose le comparse) di colmare o almeno ridurre il divario.

 

Ma tutto ciò non sarebbe bastato. Per spiegare il grande successo del filone che ebbe inizio con questo film - come fu più tardi per gli "spaghetti western" - ci volle qualcosa di realmente innovativo nei contenuti: per i "peplum" fu una forte dose di ironia e storie fantastiche piene di ritmo e di colpi di scena; e poi, a dirlo oggi può sembrare strano, una "ideuzza" originale di Francisci che si rivelò vincente. Do la parola a Stefano Della Casa (Enciclopedia del Cinema, 2004):

".... Il vero capostipite del nuovo cinema mitologico italiano fu Le fatiche di Ercole (1958): l'opera conteneva tutti gli ingredienti tipici del peplum e proprio per questo si differenziava dagli altri film prodotti fino a quel momento in Italia. La storia, scritta da Ennio De Concini, univa il fascino della mitologia al ritmo incalzante dell'avventura e all'ironia voluta dagli autori. La fotografia di Mario Bava 

giocava con i colori pastello e accentuava il senso del meraviglioso con espedienti a basso costo, come i fumogeni colorati. La scenografia di Flavio Mogherini era ostentatamente ricca proprio perchè era intrinsecamente povera e forse per questo risultava più affascinante delle opulente ricostruzioni statunitensi. Ma l'apporto di questi tre professionisti, che pure avrebbero avuto un ruolo nel futuro del cinema italiano, passò in secondo piano rispetto alla GRANDE INTUIZIONE del regista Francisci e del produttore Nello Santifar interpretare Ercole a Steve Reeves, semisconosciuto nel mondo del cinema ma famoso in quello delle palestre..... Anche il culturismo.... era il simbolo di una società che cambiava, di una maggiore ricchezza che consentiva diete basate su zuccheri e bistecche. Insomma, erano presenti tutte le componenti perchè Le fatiche di Ercole venisse percepito come una straordinaria novità 

e ottenesse un ottimo esito commerciale. Ma il successo del nuovo genere non si limitò solo all'Italia: anzi, la carta vincente del Peplum fu proprio la sua grande capacità di penetrare i mercati di tutto il mondo." 

 

Del genere Peplum, a me quasi sconosciuto, non mi sento in grado di dare un giudizio: sì, mi è capitato talvolta in tv (mai in sala) di vedere qualcosa, distrattamente, magari parzialmente e non ne sono rimasto favorevolmente impressionato. Probabilmente, come spesso capita, il capostipite che ha avuto successo viene preso a modello ma il livello gradatamente scende. (*)

Il mio parere riguarda solo questo film, che ho visto oggi pomeriggio per la prima volta e che ho trovato molto piacevole.

La trama, che ha un suo fascino, inserisce, probabilmente a buon diritto, il semidio Ercole nelle vicende del mito degli Argonauti (^), con l'aiuto di lui a Giasone (Fabrizio Mioni) alla ricerca del Vello d'oro; ma ci sono evocazioni dell'Odissea (c'è anche un certo Ulisse, alias Gabriele Antonini), le Amazzoni, ecc. ; non ha molta importanza, credo. Val forse la pena notare anche che Ercole, il quale ambisce divenir sposo della bellissima principessa Jole, figlia de re Pelia (Sylva Koscina), ottiene dagli dei - tramite la Sibilla, evidentemente all'uopo delegata - la perdita dell'immortalità per poter mettere su famiglia con lei (che sarà sua moglie nel sequel): l'amore innanzi tutto!

Insomma, la fantasia non manca, ma ben venga quando ci si raccontano favole senza volerle spacciare per verità. Favole divertenti, almeno per me, almeno questa. 

 

Steve Reeves cominciò a fare l'attore dopo l'elezione a Mister America, ventunenne, nel 1947 (poi credo abbia anche vinto il titolo di Mister Universo). Non aveva solo, per merito anche  del culturismo praticato prima e dopo la guerra, un fisico eccezionale: direi perfetto per interpretare gli eroi mitologici, ma non esagerato come alcuni epigoni che si sono visti successivamente; madre natura gli aveva regalato anche un bel volto, da uomo leale. Inaspettatamente, in alcuni film successivi è stato detto di lui che abbia dimostrato anche una certa espressività. Rimase in Italia dieci anni interpretando una quindicina di film, l'ultimo nel 1968 nel quale collaborò anche alla sceneggiatura. Tornato negli USA, negli anni maturi allevò cavalli e si impegnò attivamente nella lotta al doping, fenomeno assai diffuso nel bodybuilding.

 

Sylva Koscina naturalmente in questo film, venticinquenne, è bellissima; è stata anche una brava attrice, ma è in altri film che ha avuto occasione di dimostrarlo.

 

Fra i comprimari, cito alcuni validi attori che sono piuttosto conosciuti: Ivo Garrani (Pelia, re di Iolco), Gianna Maria Canale (Antea, regina delle Amazzoni), Mimmo Palmara (Ifito, figlio di Pelia), Lydia Alfonsi (la Sibilla), Paola Quattrini (Jole da bambina), Luciana Paluzzi (domestica di Jole).

 

 Voto: Positivo, le quattro stelle, tenuto conto di tutto, non mi sembrano eccessive.

 

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(°)

Pietro Francisci, prevalentemente autore negli anni '30 e '40 di cortometraggi e documentari notevoli (taluni premiati, anche all'estero), si dedicò poi alla regia, dirigendo una ventina di film, buona parte dei quali da lui stesso sceneggiati. Fra questi, molti del genere Peplum.

(*)

Prendendo in considerazione i soli film sul personaggio di Ercole, dopo questo - fra il 1959 e il 1965 - ne sono stati girati in Italia, diretti tutti da registi italiani, ben venti. 

(^)

Il soggetto del film è attribuito infatti ad Apollonio Rodio (Le Argonautiche).

Ennio De concini è invece indicato come sceneggiatore, insieme a Francisci, a Gaio Fratini e ad Age e Scarpelli.

Di Mario Serandrei il montaggio, di Flavio Mogherini la scenografia e di Mario Bava fotografia ed effetti speciali.

Le musiche di Enzo Masetti.

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