Regia di Renato Castellani vedi scheda film
Nell’autunno 1942 un ragazzino del sud sfolla con la famiglia in campagna, dove entra in contatto con un inquietante sistema di connivenze tra i notabili locali, il podestà, la polizia e il clero ma dove conosce anche un simpatico ribelle che non si rassegna allo stato di cose. Poi arrivano gli americani a portare un’illusoria ventata di libertà, i notabili di prima riacquistano il potere sotto altre forme, il ribelle alza il tiro. Dramma vigoroso, dalle dimensioni epiche, fondato su solide radici verghiane: sembra girato all’epoca del neorealismo e invece è addirittura del 1960, in pieno boom, cosicché è come un frutto fuori stagione. Particolarmente azzeccato il punto di vista del ragazzino che mitizza la figura del ribelle e da lui assorbe il senso di giustizia, imparando a superare l’atavica rassegnazione paterna. C’è qualche lungaggine nella seconda parte, con il racconto dell’occupazione delle terre, e il finale mi sembra esageratamente cruento; ma serve a dare rilievo al personaggio dell’appuntato, fino allora un comprimario: un pesce piccolo del sistema, che sembrava avviato alla definitiva emarginazione ma che riacquista inopinatamente il suo ruolo di cane da guardia.
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