Regia di William A. Wellman vedi scheda film
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Uscito con 30 anni di ritardo in Italia (ma forse nella sventura della censura fascista, non fu del tutto un male, permettendoci di ascoltare un ottimo doppiaggio, che rimane pur sempre con le voci dei grandi dopppiatori dell'epoca classica del cinema, ma che forse prima avrebbe subito distorsioni), il film sorprende ancora oggi per il realismo dei propri contenuti. Come già scritto da molti, insieme agli altrettanto classici Piccolo Cesare e Scarface, Nemico Pubblico ha rappresentato un capostipite del genere gangster, ove il protagonista è un malfattore che, nonostante le didascalie in apertura ed in chiusura del film, che riportano una presa di posizione di ferma condanna verso la criminalità (e anzi invitano il pubblico a consierare questi fenomeni un problema di tutti noi) esercita un enorme fascino sullo spettatore. Una regia accurata, un'interpretazione sublime dei protagonisti ed una sceneggiatura che sorprende per la modernità delle caratterizzazioni rendono questa pellicola ricca di una freschezza e di un ritmo che quasi non ci si aspetterebbe da un film di oltre 90 anni fa: in testa a tutti James Cagney con un vigore nel proprio personaggio che sembrerà riprendere ne La furia umana quasi 20 anni dopo. Tra le oppoprtunità che hanno reso il film ancor più convincente è proprio il periodo della sua realizzazione: girato pochi anni prima che il codice Hays venisse redatto in tutta la sua "forza", con le molteplici restrizioni sia in fatto di violenza che di moralità del soggetto, Nemico pubblico non si sottrae nel mostrare scene di una certa crudezza (certo più narrata o intuita che vista) ma che ha il suo climax proprio nella sequenza finale, con il "recapito" del cadavere del protagonista completamente legato, di fronte ad un scioccato fratello che sperava in un rientro pacifico ed un ritorno ad una vita onesta; altrettanto notevole la scena in cui il protagonista decide di uccidere il cavallo colpevole di essere stato la causa della morte del suo socio ma anche la vendetta che perpetra nei confronti di colui che lo aveva coinvolto in un'attività criminale per la prima volta, con il rimpianto di non poter esser divenuto una persona onesta. Con la sequenza finale il regista smorza ogni tono di conciliazione e di happy ending (sebbene in fondo il cattivo sia stato eliminato). Inoltre è da notare come questa pellicola abbia fatto scuola tra registi moderni (il rapporto di dedizione alla madre, con tanto di quattrini portati a casa ricorda molto quello di Scarface di Brian DePalma, ove Al Pacino recita una sequenza quasi uguale), il rientro del fratello decorato di guerra ricorda molto il personaggio di Michael Corleone nella prima parte de Il padrino anch'egli estraneo al mondo criminale e leale con la patria (qui però non assistiamo a mutazioni nel carattere del personaggio) inoltre il protagonista, nonostante la sua ascesa, non arriva certo ad essere un gangster ai livelli di Rico di Piccolo Cesare, al contrario resta sempre un "manovale" della criminalità, proprio come i protagonisti di Quei bravi ragazzi di Scorsese. Brillanti anche i dialoghi; gli alterchi tra i due fratelli sono sempre arguti: il protagonista viene accusato di avere soldi sporchi di sangue, ma egli risponde che in guerra il fratello ha ucciso altrettante persone.
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