Regia di Alfonso Brescia vedi scheda film
Un pover'uomo (dall'ugola d'oro) finalmente riesce ad avere un figlio: il piccolo muore durante il parto. La moglie non lo sa e l'uomo riesce a macchinare una sostituzione con un altro neonato, la cui madre è morta nel parto. Ma ben presto pure la moglie muore, così l'uomo si ritrova vedovo e senza un lavoro a crescere un figlio non suo, ma volendogli tutto il bene del mondo. Almeno finchè il vero padre del bambino si fa vivo.
Sceneggiata napoletana da definizione sull'enciclopedia: il melodramma incontra la vita di strada, la giustizia e l'onore si sfiorano su binari pericolosamente vicini mentre in sottofondo risuona una canzone strappalacrime in dialetto partenopeo stretto. Manca solo il contesto malavitoso, la descrizione della città stretta nella morsa della camorra, a dire il vero; a quel punto la sceneggiatura di Alfonso Brescia e di Gino Capone (al primo copione per Mario Merola) sarebbe decisamente perfetta. Merola come interprete ha limiti evidenti, mai colmati in una dozzina di interpretazioni fino a questo momento, ma è d'altronde dotato di un carisma unico; giunto alla sua decima pellicola (in neppure 4 anni!) al fianco di Brescia, il cantante/attore riesce ancora a essere sè stesso, a conservare tale carisma che lo rende una figura assolutamente riconoscibile per il pubblico. La storia è poca roba, ma qui contano soprattutto le emozioni forti: e quelle non mancano, per quanto il tasso di patetico sorpassi ripetutamente la soglia di tolleranza massima (si veda pure il finale, involontariamente esilarante). Altri nomi degni di nota nel cast: Gianni Ciardo, Ivan Rassimov, Michela Miti e Carlo Giuffrè. Terzo film del 1981 per l'accoppiata Merola-Brescia, che si scioglierà al termine dell'anno seguente, dopo aver infilato altri due titoli (Tradimento e Giuramento). 2,5/10.
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