Regia di Rob Reiner vedi scheda film
Due marines indottrinati, fanatici in buona fede, uccidono per errore un commilitone debole che dovevano solo "punire" per ordine del capo della base di Guantanamo (Nicholson), teorico della violenza e della disciplina per le truppe attive a difesa della patria, e convinto che anche i civili benpensanti vogliono un esercito così, anche se a parole difendono il diritto, il rispetto delle leggi, i valori umani. Il giovane avvocato di buon senso (Cruise) vuole concordare una punizione minima, proposta dall'accusa per evitare il processo, ma gli imputati rifiutano perché ritengono di aver agito in piena coscienza. Solo la testimonianza "stupida" e controproducente del comandante, che credendosi scoperto esplode in una inconsulta esaltazione del proprio comportamento, salva i due imputati, tuttavia giudicati colpevoli di comportamento scorretto proprio per aver obbedito a ordini inumani. Il film propone un apologo favoloso e non richiede verosimiglianza, ma il Vietnam e i processi successivi hanno mostrato che è possibile. Il "lieto fine" ha un suo preciso senso ed è psicologicamente e stilisticamente preparato e tematicamente giustificato, anzi quasi necessario e imposto proprio dal tema del film, che non è la vicenda di cronaca di un incidente fatale o di un processo manovrato, bensì la mentalità di tanti capi militari; giustamente la figura del capo è affidata all'attore migliore, che la sostiene in pochi episodi, tutti concentrati sulla esaltazione del militarismo da lui incarnato: convinto che solo l'esercito può salvare la patria e solo con la disciplina e il duro esercizio, in cui il debole soccombe, che l'ordine va sempre eseguito e chi lo trasgredisce va punito, al di là delle leggi formali, in base a un tacito ma inesorabile "codice rosso", che i civili ignorano e disapproverebbero: disprezza i civili, ma sa di avere il loro sostanziale appoggio perché si sacrifica per loro. Lo ha già affermato privatamente all'inizio, lo ripeterà con enfasi alla fine, al processo, quando l'avvocato lo provoca e lascia credere di aver trovato dei testimoni contro di lui; ma non si tratta dei testimoni, che potevano realisticamente comparire; il tema del film è proprio l'arroganza militare che arriva a distruggere e distruggersi pur di affermare sempre la propria superiorità. In uno sproloquio efficacissimo grazie alle notevoli capacità istrioniche di Nicholson. Ma non basta a farne un grande film; non merita rivederlo (lo dico dopo averlo rivisto).
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