Regia di Francesca Archibugi vedi scheda film
Francesca Archibugi realizza una commedia intensa e malinconica sul mondo della malattia degli infanti, con un Castellitto spettacolare.
Un neuropsichiatra infantile, nello scalcagnato reparto di una struttura pubblica romana, adotta teorie alternative e detta regole fuori dall’ordinario per aiutare Pippi, una bimba che soffre di epilessia, e gli altri giovani malati.
“Non so nemmeno io che tipo di terapeuta sono!”, risponde così Arturo (Sergio Castellitto) al padre di Pippi, la ragazzina dalla convulsioni facili, dopo che quest’ultimo ipotizza un qualche lercio interesse del medico nei confronti della giovane figlia. È la summa del mondo di Arturo, che viaggia come un treno ma non sa dove. Sa che può contare su una equipe di bravi, pazienti e sottopagati colleghi, sull’appoggio del prete della casa famiglia che accoglie i ragazzi finita la terapia ospedaliera e sulla stima di tutti quanti lo accompagnano quotidianamente. E come potrebbe non essere stimato un medico che sfida le convenzioni, infrange le norme, se ne infischia dei regolamenti, quando convenzioni, norme e regolamenti sono spesso l’elemento patogeno che rovina i suoi pazienti? Arturo non sa dove sta andando ma lo fa con caparbietà, e tra sconfitte e piccoli passi avanti, prosegue nel suo incessante cammino di missionario laico, di punto di riferimento silente e combattivo, di parafulmine per colleghi, amici, pazienti.
La figura del neuropsichiatra Arturo, nella splendida commedia di Francesca Archibugi “Il grande cocomero” è una delle più emblematiche della nostra commedia di fine ‘900. Accompagnato da musiche sempre puntuali, da un cast che rasenta la perfezione (Castellitto è al solito divino) e da una regia capace di condurre lo spettatore nei luoghi del dolore senza inficiarne i meccanismi, né rimanendone escluso, il film fa una panoramica sul mondo degli ospedali, ma soprattutto di quanti ci orbitano. Dalla madre unico riferimento della figlia cerebrolesa, all’infermiera frustrata, passando ovviamente per la figura del protagonista, il neuropsichiatra infantile abituato a contrattare senza problemi perfino con le linee disegnate solo nella testa di un suo paziente, “Il grande cocomero” è un racconto intenso ed accorato, triste ma speranzoso, di una densità che ha pochi eguali. Merito della sensibilità di Francesca Archibugi, che tratteggia un mondo ricco di disperazione con gli stessi occhi fanciulleschi, senza fronzoli né sovrastrutture, del suo protagonista. Un gioiello minimalista nella messa in scena, ma opulento di idee. Con l’unico obiettivo di far capire che la malattia e gli ospedali sono il lato meno piacevole ma comunque necessario della vita.
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