Regia di Giancarlo Zagni vedi scheda film
Difficilmente poteva partire da presupposti migliori, per il suo esordio registico, lo sconosciuto Giancarlo Zagni: un racconto di Elio Bartolini (già scrittore per Antonioni) da lui sceneggiato insieme alla coppia Franciosa/Festa Campanile e a Zagni stesso, un cast tecnico di qualità (montaggio di Nino Baragli, scene di Flavio Mogherini, fotografia di Aldo Scavarda e musiche - debitrici del Rota felliniano - di Carlo Rustichelli), un parco interpreti fatto di pochi ma efficacissimi nomi. E se la Lollobrigida, sulla cresta dell'onda, pare perfettamente al suo posto (si può anzi tranquillamente affermare che il film è lei, non tanto su di lei), già Enrico Maria Salerno pare del tutto sprecato in un ruolo dalle ridotte capacità espressive, macchiettistico, da commedia all'italiana più spicciola; in aggiunta, in particine marginali, troviamo Milva in una delle sue rare partecipazioni su pellicola, Carlo Giuffrè e anche Franco Giacobini. La bellezza di Ippolita è sostanzialmente qualcosa più che un riempitivo a uso esclusivamente commerciale/alimentare, ma non arriva d'altronde nemmeno a paragonarsi alle coeve commedie di costume sul tema (copertissimo, affrontato in maniera quasi candida) della libertà sessuale e del tradimento all'interno del matrimonio; si pensi solo a ciò che farà due anni più tardi (1964) Antonio Pietrangeli con Il magnifico cornuto: altri livelli. Altro punto focale della trama sta nella questione dell'emancipazione femminile: ma anche in questo caso l'approfondimento pare piuttosto scarso. 4/10.
Una ballerina si sposa con un benzinaio; il rapporto vive frequenti crisi di gelosia da parte di entrambi. Quando lei scopre di essere stata tradita da lui, però, decide di vendicarsi in maniera adeguata.
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