Regia di Franz Antel (François Legrand) vedi scheda film
Franz Antel, regista austriaco, ebbe un discreto successo fra la fine dei Sessanta e l'inizio dei Settanta girando la saga della Casta Susanna, serie di commediole vagamente pruriginose; questo Professione bigamo, con un Buzzanca gigionissimo protagonista in un ruolo che è l'epitome del suo personaggio, ricalca bene o male gli standard medio dei lavori di Antel. La sceneggiatura di Gunter Ebert, Mario Guerra, Kurt Nachmann e Vittorio Vighi ricalca infatti gli stereotipi più beceri relativi al gallismo italico, fenomeno che, sul grande schermo, l'attore siciliano ha saputo interpretare (o meglio cavalcare) come pochi altri; spalleggiato dal caratterista Franco Giacobini (Il federale, La voglia matta), Buzzanca dà vita al solito siciliano focoso e irresistibile, dalla morale personalissima in fatto di donne, famiglia e fedeltà. Fra gli altri, nel cast ci sono anche Raffaella Carrà e l'ungherese Teri Tordai, nei panni delle due mogli; nonchè uno stuolo di interpreti minori di origine tedesca sui quali si può senz'altro sorvolare. Scarso brio, qualche doppio senso a sfondo sessuale (ma lievissimo) nei dialoghi: alla luce di quanto stava per accadere nel nostro cinema (la commedia eroticodemenziale, i Pierini e quant'altro), Professione bigamo appare un lavoro quasi ingenuo. Musiche di Gianni Ferrio. 3/10.
Ferroviere italiano fa la spola fra Roma e Monaco di Baviera; ha una vita - e una moglie - diversa in ognuna delle due città. Ma un giorno i suoi trucchi vengono scoperti dalle due consorti: e ne spunta perfino una terza...
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