Regia di John Schlesinger vedi scheda film
La normalità, nella moderna era della libertà, è affidata al caso, al disordine, alla superficialità. I rapporti umani, benché arricchiti dalla fantasia e dall'assenza di canoni prefissati, sono in balìa dell'insicurezza e della precarietà: l'apertura alla sperimentazione rende infatti tutto provvisorio ed emendabile. D'altra parte gli individui sono preda del timore inconscio che i legami sentimentali possano compromettere la realizzazione personale, che, nella società contemporanea, sembra divenuto il principale termine di riferimento nel giudicare il valore dell'esistenza. In questo senso, la determinazione nel perseguire un obiettivo si traduce in sbadataggine nel gestire le cose più care: i genitori dimenticano i figli, gli amanti disperdono le loro attenzioni su più fronti, dimostrando così di non avere veramente a cuore nessuno dei loro diversi partner. Rifiutare le limitazioni derivanti da un impegno affettivo significa, in realtà, tarpare la propria capacità di donare e la gioia di essere ricambiati: alla fine si resta soli e delusi, e allora, tardivamente, ci si accorge che, contrariamente a quanto si credeva, l'altruismo non è affatto un ostacolo alla ricerca della felicità. Non ci si può sottrarre all'umana prerogativa di "avere bisogno dell'altro", che è la tenera espressione della nostra fragilità, sotto cui si celano i nobili desideri di crescere e di mettersi in discussione. In questo film, la domenica è il momento del riposo, del divertimento e dell'intimità, che diventa significativamente problematico per coloro i quali non hanno sviluppato il senso della casa, della famiglia, della stabilità. Di fronte a loro non rimane nient'altro che l'incerto territorio dell'avventura, che, se può risultare stimolante per il giovane artista Bob, per i più maturi Alex (donna divorziata) e Daniel (medico ebreo e scapolo) è solamente fonte di disagio ed amarezza. Quel giorno, che dovrebbe essere deputato alla tranquillità e alla gioia di ritrovare se stessi, li pone, invece, di fronte al vuoto della vita di chi si è lasciato qualcosa alle spalle (un matrimonio, l'appartenenza ad una comunità religiosa) senza aver costruito nulla di nuovo. La "vicinanza" è il tesoro che hanno perduto per sempre e che li costringe a comunicare in maniera indiretta, tramite un servizio di segreteria telefonica. I loro contatti sono - come i cavi che tortuosamente si intrecciano sulla consolle di un centralino - momentanei incroci nel caotico fluire degli eventi. Cambiare, muoversi, fuggire sono diventate, per loro, abitudini connaturate, che, però, non li portano a nulla, e procurano soltanto stanchezza e dolore.
Il coscienzioso rifiuto di ogni estetica visiva, che John Schlesinger propone in questo film, esprime la sua adesione alla natura approssimativa e futile della realtà che, quando non poggia sulle solide basi della tradizione, è solo un'espressione artistica estemporanea, priva di stile, di ritmo e di coerenza formale. Domenica, maledetta domenica è la sinfonia, affannosa e stonata, di una vita che ingegnosamente si inventa gli istanti, eppure annaspa, inutilmente, nel tentativo di metterli insieme per arrivare a comporre il Tempo.
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